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Lombardia, del. 117/2022 – Oneri previdenziali assessore comunale


Il sindaco di un comune ha formulato una richiesta di parere in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 86, c. 2, del d.lgs. 267/2000, chiedendo in particolare se la condizione legittimante il versamento degli oneri previdenziali da parte del comune a favore di un Assessore sia la sola aspettativa dal rapporto di lavoro pubblico (anche a tempo parziale), ovvero anche la contestuale sospensione di qualsivoglia attività lavorativa, inclusa quella libero professionale, da parte dello stesso.

I magistrati contabili della Lombardia, con la recente deliberazione 117/2022, hanno dapprima ripercorso sinteticamente le norme che contengono la disciplina degli oneri previdenziali a favore degli amministratori locali.

La Corte ha, a tal proposito, ricordato che l’art. 86 del TUEL, al primo comma, prevede che: “L’Amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, per i presidenti dei consigli provinciali che siano collocati in aspettativa non retribuita, ai sensi del presente testo unico.

Al secondo comma, tale disposizione statuisce che: “Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1, l’amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. (…)”.

Sul tema in esame, i magistrati contabili lombardi hanno ritenuto di aderire, tra le altre, alla deliberazione della sezione Ligure della Corte dei conti, n. 21/2019, che:

– ha individuato la ratio della citata norma “nel sostegno che l’ordinamento vuole assicurare a favore di chi opti per l’esclusività dell’incarico di amministratore, opzione che, in quanto tale, non può essere differentemente disciplinata per il lavoratore dipendente rispetto a chi non riveste tale posizione”;

– ha ribadito il convincimento che, per il Comune, avente una popolazione superiore ai 10 mila abitanti, la mancanza di un istituto, quale è l’aspettativa senza assegni, previsto per i soli lavoratori dipendenti, e la pratica difficoltà di verificare il mancato esercizio contemporaneo di professioni, arti e mestieri, da parte dell’amministratore locale, non può essere argomento per sostenere che l’art. 86, commi 1 e 2, TUEL, abbia ad oggetto fattispecie diversamente costruite a seconda che si abbia riguardo ai lavoratori dipendenti (c. 1) o a quelli non dipendenti (c. 2).

Alla luce di tali considerazioni, secondo la deliberazione in commento, “Sulla base di una lettura sistematica dei commi 1 e 2 dell’art. 86 del d.lgs. n. 118/2011 gli enti locali aventi la dimensione demografica ivi prevista sono tenuti al versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi in favore dei lavoratori che ricoprono una delle cariche nominativamente elencate, a condizione che gli stessi si dedichino a tempo pieno all’espletamento del mandato amministrativo rinunciando allo svolgimento di un’attività lavorativa dipendente (comma 1) o autonoma (comma 2). In assenza di un istituto qual è quello dell’aspettativa senza assegni, previsto per i soli lavoratori dipendenti, pubblici o privati, per il lavoratore autonomo l’astensione dall’attività lavorativa deve essere comprovata dal lavoratore medesimo, rilasciando all’ente locale un’attestazione in cui dichiara la sospensione dell’attività in costanza di espletamento del mandato amministrativo, nonché notificando la medesima dichiarazione all’ente previdenziale”.

 

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Leggi la deliberazione

CC 117-2022 – Lombardia

 

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