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L’azione revocatoria ordinaria a tutela del credito erariale


E’ inefficace l’atto di donazione, a favore dei propri familiari, posto in essere dal dipendente pubblico in pendenza del procedimento contabile per danno erariale, in quanto connotato dalla consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore.

Questo quanto evidenziato dalla Corte dei Conti, sez. giur. Veneto, con la sentenza n. 94 depositata il 18 giugno 2019, con la quale è stata accolta l’azione revocatoria richiesta dalla Procura nei confronti di un soggetto che si era privato, a titolo non oneroso, di beni immobili di cui era proprietario, trattandosi di donazione a coniuge e figli.

Nel caso di specie il dipendente era stato condannato a corrispondere al Comune di appartenenza il danno patrimoniale da mancata entrata determinato dalla revoca dell’avvio del sistema di rilevazione automatica delle infrazioni dei limiti di velocità installato dalla Polizia Locale dell’ente – di cui egli era Comandante – e dalla conseguente decisione di non completare l’iter di accertamento e contestazione delle infrazioni medio tempore rilevate.

La cessione, a titolo gratuito, della casa di abitazione e relative pertinenze, a vantaggio della moglie e dei figli conviventi (ossia a beneficio di soggetti legati da un particolare vincolo di parentela con il disponente) era avvenuta non solo successivamente all’accadimento dei fatti, ma soprattutto quando il dipendente aveva già ricevuto le contestazioni derivanti dall’invito a dedurre.

La Procura regionale aveva quindi proposto l’azione revocatoria al fine di tutelare la pretesa creditoria del comune.

I giudici contabili, considerata la tempistica dell’atto dispositivo e il particolare vincolo di parentela intercorrente tra donante e donatari (moglie e figli), hanno ritenuto ampiamente provato il requisito della consapevolezza del danno arrecato agli interessi del credito erariale (sull’argomento, si veda anche Corte dei Conti, sez. giur. Veneto, sent. n. 128/2018 e Corte dei Conti, sez. giur. Appello, sent. n. 377/2015).

Leggi la sentenza
CC Sez. Giur. Veneto sent. n. 94_2019


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