Entra in area riservata:
Entra in area riservata:
 

Gara a “doppio oggetto”: illegittimo il rinnovo dell’affidamento del servizio


Contrasta con i principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione comunitario la clausola di rinnovo contrattuale.

Questo il chiarimento fornito dall’Avcp, nel parere n. AG 28/14, con il quale l’Autorità ha risposto ad un comune che aveva chiesto se era possibile rinnovare il contratto di gestione del servizio di produzione pasti affidato ad una società mista, il cui socio privato era stato selezionato a seguito di una gara ad evidenza pubblica avente ad oggetto anche l’affidamento del servizio.

Nel caso di specie, il rinnovo era stato previsto nel contratto di servizio, ove era stata fissata la durata dell’affidamento (10 anni) e la facoltà del comune di rinnovare il contratto ai medesimi patti e condizioni fino ad un massimo di anni 30 (trenta) complessivi.

L’Autorità, pur richiamando l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3580/2013 che ha ritenuto ammissibile il rinnovo espresso qualora tale facoltà, alle medesime condizioni e per un tempo predeterminato e limitato, sia ab origine prevista negli atti di gara e venga esercitata in modo espresso e con adeguata motivazione, ha evidenziato che non risulta conforme al diritto comunitario la clausola contrattuale recante la previsione espressa di rinnovo contrattuale.

Secondo l’Avcp “argomento insuperabile rimane la considerazione che una generalizzata facoltà di rinnovo espresso vanifica il tentativo del legislatore comunitario di ricondurre la possibilità di reiterare l’affidamento di servizi analoghi allo stesso operatore economico ad ipotesi tipiche tassativamente indicate, depotenziando fortemente il principio della necessità dell’evidenza pubblica”.

Nel sistema delineato dal Codice dei Contratti, il ricorso alle procedure negoziate è limitato alle sole ipotesi tassativamente previste negli artt. 56 e 57 D.lgs. 163/2006 (che disciplinano, rispettivamente, le procedure con e senza previa pubblicazione del bando).

Pertanto, secondo l’Autorità, l’unica possibilità per le p.a. di derogare all’ordinaria procedura di evidenza pubblica, è di avvalersi della fattispecie prevista dall’articolo 57, comma 5, lett. b) del Codice dei contratti (che consente la procedura negoziata senza bando per l’acquisizione di nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati all’operatore economico aggiudicatario del contratto iniziale), purché siano rispettati i seguenti presupposti:

– che i servizi che si intende rinnovare siano conformi ad un progetto di base;

– che tale progetto di base sia stato oggetto di un primo contratto aggiudicato secondo una procedura aperta o ristretta;

– che si proceda al nuovo affidamento entro tre anni dalla stipulazione del contratto iniziale, e che tale possibilità sia indicata nel bando del contratto originario;

– che l’importo complessivo stimato dei servizi successivi sia computato per la determinazione del valore globale del contratto “ai fini delle soglie di cui all’articolo 28”.

Si evidenzia, tuttavia, come tale tesi non risulti favorevolmente accolta in giurisprudenza.

L’orientamento dell’Autorità, infatti, non è condivisa dalla giurisprudenza nella misura in cui estende i limiti del divieto di rinnovo oltre l’ambito direttamente ricavabile dalla norma abrogatrice (art. 23 della legge 62/2005), sulla base di un asserito contrasto di tale istituto con l’ordinamento comunitario.

Per un approfondimento di tale tematica si rimanda all’articolo “Rinnovo contrattuale: legittimo se pubblicizzato nell’originaria procedura di evidenza pubblica”.

 


Richiedi informazioni