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Marche, del. 144/2023 – Riaccertamento ordinario e stralcio crediti


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta gestione, in sede di riaccertamento ordinario, dei residui attivi, decorsi tre anni dalla scadenza di un credito già accertato di dubbia e difficile esazione, in quanto già oggetto di accantonamento al FCDE accantonato nel risultato di amministrazione.

In particolare, il quesito posto riguarda la coerenza con i principi contabili della decisione di stralciare i crediti vetusti di almeno 3 anni dal conto del bilancio, ricalcolando conseguentemente il FCDE, mantenendoli nello stato patrimoniale con accantonamento al 100% del fondo svalutazione crediti, quando l’agente della riscossione abbia avviato le attività di riscossione stragiudiziale (esempio avviso bonario, intimazione di pagamento, sollecito di pagamento, esazione domiciliare) e le azioni esecutive (esempio ingiunzione di pagamento, pignoramento stipendio, fermo amministrativo) o il creditore sia irreperibile o sottoposto a procedure fallimentari.

La Corte dei Conti, sez. controllo delle Marche, con la deliberazione 144/2023, depositata il 25 settembre 2023, ha ricordato che è dovere dell’ente valutare, in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, l’opportunità di mantenere o cancellare dal conto del bilancio residui attivi di dubbia o difficile esigibilità di anzianità ultratriennale (e debitamente svalutati mediante congruo accantonamento al FCDE) anche qualora non si siano ancora formalmente concluse o esaurite le già avviate procedure giudiziali o stragiudiziali di esecuzione coattiva o non sia stata ancora comunicata dall’agente della riscossione la formale dichiarazione di inesigibilità del credito.
I principi contabili consentono (ma non impongono) di conservare tra i residui attivi soltanto le entrate accertate concretamente “esigibili” ma non ancora incassate, nel senso cioè che l’esigibilità dell’entrata va verificata non (solo) quale astratta fondatezza giuridica della pretesa creditoria, bensì (anche) di concreta sussistenza di effettive e reali possibilità materiali di ottenerne l’effettivo incasso dal debitore, alla luce delle sue concrete condizioni di solvibilità, che devono essere
illustrate e motivate nella relazione al rendiconto (ex plurimis, Corte conti, sez. contr. Emilia-Romagna, del. n. 39/2023/PRSP).

I magistrati contabili però hanno chiarito che il principio di prudenza deve comunque essere bilanciato e contemperato con quello di “veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità” delle rappresentazioni contabili, che impone la ragionevole iscrizione in bilancio di tutte le componenti di entrata. Il punto 9 dell’all. 4/2 invita ad evitare “eccessi” di prudenza, in quanto “pregiudizievoli al rispetto della rappresentazione veritiera e corretta delle scelte programmatiche e degli andamenti effettivi della gestione”. Il principio di prudenza “non deve condurre all’arbitraria e immotivata riduzione” delle voci di entrata, bensì “esprimere qualità di giudizi a cui deve informarsi un
procedimento valutativo e di formazione dei documenti del sistema di bilancio che risulti veritiero e corretto”, soprattutto nella “ponderazione dei rischi e delle incertezze connessi agli andamenti operativi degli enti e nella logica di assicurare ragionevoli stanziamenti per la continuità dell’amministrazione”.

Secondo la Corte dei Conti, “costituirebbe eccesso di prudenza l’automatico ed immediato stralcio dal conto del bilancio di posizioni creditorie per il solo fatto che siano decorsi tre anni dalla loro scadenza o, comunque, siano considerate di dubbia o difficile realizzazione: ciò darebbe luogo ad una rappresentazione non veritiera delle reali condizioni finanziarie dell’ente e della sua effettiva capacità di riscossione. Una “sana gestione finanziaria” deve essere infatti “improntata ad un’armonica applicazione dei diversi principi generali ed applicati, senza che l’uno possa prevaricare sull’altro”.

Ai fini dello stralcio o del mantenimento nel conto del bilancio, l’esigibilità del residuo va valutata non in astratto (in termini di giuridica fondatezza della pretesa creditoria), ma in concreto (quale effettiva capacità di ottenerne il pagamento da parte del debitore), mantenendo nel conto dei residui soltanto quei crediti la cui riscossione possa essere prevista con un “ragionevole grado di certezza”, onde garantire la genuina rappresentazione del risultato di amministrazione.

Per il mantenimento in bilancio di un residuo attivo ultraquinquennale non è sufficiente l’assenza di ragioni per la sua cancellazione, essendo invece necessaria l’esigenza di idonee giustificazioni per il suo mantenimento. Tanto più remoto è l’esercizio di provenienza del residuo, tanto più solide, ragionevoli e stringenti dovranno essere le motivazioni addotte per poterlo mantenere in bilancio, nel senso cioè che l’onere motivazionale si fa via via sempre più aggravato all’aumentare dell’anzianità del residuo stesso, onde evitare che tale mantenimento possa offrire una copertura meramente fittizia della spesa.

I magistrati contabili delle Marche hanno precisato che:

  •  per i crediti di dubbia o difficile esigibilità di anzianità infratriennale, incombe sull’ente l’obbligo di motivare adeguatamente le congrue e plausibili ragioni per cui, nel caso concreto, intende eventualmente stralciarli (in tutto o in parte) dal conto del bilancio. Il residuo infratriennale si presume esigibile, salvo che l’ente non dimostri l’esistenza di ragionevoli motivazioni per disporne lo stralcio;
  • per i crediti di dubbia o difficile esigibilità di anzianità compresa tra tre e cinque anni, è invece rimessa al prudente apprezzamento dell’ente la valutazione, sempre alla luce delle circostanze del caso concreto, in merito all’opportunità del loro mantenimento o del loro stralcio dal conto del bilancio, sicché è necessario fornire adeguata motivazione sia nel caso in cui si opti per lo stralcio, sia nel caso in cui si opti per la conservazione; detto
    altrimenti, il residuo attivo di anzianità compresa tra tre e cinque anni non si presume né esigibile né inesigibile e grava sull’ente l’onere di motivarne sia lo stralcio che il mantenimento;
  • per i crediti di dubbia o difficile esigibilità di anzianità ultraquinquennale, infine, l’art. 11, comma 6, lett. e), del d.lgs. 118/2011 determina una vera e propria inversione dell’onere probatorio gravante sull’ente, nel senso cioè che spetta all’ente dimostrare le ragioni per cui ne reputa opportuno (anziché lo stralcio) il mantenimento nel conto del bilancio, tenuto comunque conto del fatto che la perdurante pendenza delle procedure esecutive di riscossione coattiva già avviate da diversi anni “non smentisce (ma, anzi, implicitamente avvalora) l’incerta esigibilità” dei residui e, pertanto, “anziché essere richiamata a sostegno del loro mantenimento nel conto del bilancio, dovrebbe, viceversa, militare proprio nel senso della loro opportuna cancellazione, quantomeno di quelli risalenti agli esercizi più remoti”.

Trascorsi cinque anni dalla sua scadenza, l’Ente deve quindi motivare non le ragioni per cui intende stralciare il residuo attivo dal conto del bilancio, ma quelle per cui intende mantenerlo e l’intensità di tale onere motivazionale è direttamente proporzionale all’anzianità del residuo mantenuto il bilancio; detto altrimenti, il residuo attivo ultraquinquennale si presume inesigibile, salvo che l’ente non dimostri l’esistenza di ragionevoli motivazioni per disporne il mantenimento, che dovranno essere tanto più stringenti quanto più remoto è l’esercizio di provenienza.

Per la Corte dei Conti, con la deliberazione in commento, il punto 9.1 dell’all. 4/2 del d.lgs. 118/2011, deve essere letto in maniera coerente con i principi generali di prudenza e di veridicità, attendibilità correttezza e comprensibilità, pertanto, la mancata conclusione delle procedure giudiziali o stragiudiziali di esecuzione coattiva o la mancata dichiarazione di definitiva inesigibilità del credito da parte dell’agente della riscossione non costituisce ragione di per sé sufficiente a giustificare il mantenimento nel conto del bilancio dell’ente locale di un residuo attivo di anzianità ultratriennale e di dubbia o difficile esigibilità.

Fa eccezione il caso in cui sussistano congrui e plausibili elementi capaci di fondare ragionevoli aspettative di effettivo incasso, nel qual caso l’ente dovrà fornire, in occasione delle operazioni di riaccertamento annuale ordinario dei residui, adeguata ed esaustiva motivazione, tanto più pregnante e incisiva quanto più remoto è l’esercizio di provenienza del residuo stesso.

Leggi la deliberazione

CC MARCHE 144-2023


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