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Personale: necessaria l’autorizzazione per lo svolgimento di attività lavorativa extra ufficio


Il dipendente pubblico non può svolgere, pena la violazione dell’articolo 53 del d.lgs. 165/2001, attività di lavoro subordinato a favore di terzi in assenza della preventiva autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza.

Questo quanto ribadito dalla Corte dei Conti, sez. giur. Lazio, con la sentenza n. 492 depositata il 26 settembre 2018.

Nel caso di specie era emerso che il dipendente, in violazione dei doveri di imparzialità ed esclusività del rapporto di servizio con l’amministrazione, aveva svolto attività lavorativa retribuita come cameriere senza aver mai richiesto la preventiva autorizzazione.

Il comma 7 dell’articolo 53 del d.lgs. 165/2001 impone al dipendente pubblico di segnalare all’amministrazione di appartenenza l’attività extraistituzionale svolta.

In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

I giudici contabili hanno quindi condannato il dipendente al pagamento, in favore dell’amministrazione, dei compensi lordi illegittimamente percepiti.

Come rilevato dai giudici contabili, dal dato normativo si evince come il danno erariale sia costituto dall’ammontare del compenso da corrispondere, non già dalla somma di cui il dipendente ha mantenuto la disponibilità dopo aver adempiuto ai propri obblighi fiscali e contributivi (in termini, Prima Sezione Centrale d’Appello della Corte dei Conti, sentenza n. 218/2018; Corte di Cassazione, sezione civile, sentenza n. 20880/2018).

Leggi la sentenza
CC Sez. Giur. Lazio sent. n. 492-18


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