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Danno alla concorrenza: la metodologia di quantificazione secondo la magistratura contabile


La violazione delle regole dell’evidenza pubblica da luogo al c.d. “danno da concorrenza”.

Tale forma di danno rientra, senza dubbio, nella categoria del danno patrimoniale, non essendo altro che la traduzione, in termini economici, del nocumento subito dall’amministrazione per non aver conseguito il risparmio di spesa che sarebbe stato possibile ottenere mediante il confronto tra più offerte concorrenziali.

In merito alla determinazione dell’importo del danno erariale alla concorrenza, è congruo e corretto fare riferimento alla media delle percentuali di ribasso per l’effettuazione della medesima tipologia di lavori (desunta dall’Osservatorio Nazionale sui Lavori Pubblici).

Questo il principio sancito dalla Corte dei Conti, sez. giur. Trentino Alto Adige, Trento, sentenza n. 17 del 20 aprile 2017.

Nel caso di specie il responsabile dell’Ufficio Tecnico aveva assegnato direttamente, in modo del tutto arbitrario, dei lavori di somma urgenza, in palese violazione delle modalità procedurali previste per tale categoria di lavori, nonché in assenza degli effettivi presupposti normativamente richiesti.

Come ribadito dai giudici contabili, il mancato svolgimento della procedura concorsuale e, dunque, l’alterazione delle regole del mercato, che disciplinano la concorrenza, si traduce in un danno nei confronti della p.a. in veste di contraente, che viene privata della possibilità di conseguire una prestazione oppure una fornitura ad un prezzo più vantaggioso (in tal senso, Corte dei Conti Toscana, sent. n. 93/2015).

Tuttavia, il danno alla concorrenza, non diversamente da qualunque altra tipologia di danno patrimoniale, non può ritenersi sussistente “in re ipsa” per il solo fatto, cioè, che sia stato illegittimamente pretermesso il confronto tra più offerte.

Deve dirsi, piuttosto, che l’omissione della gara costituisce un indizio di danno, in quanto suscita il sospetto che il prezzo contrattuale non corrisponda al minor prezzo che sarebbe stato ottenibile dal confronto di più offerte.

Trattandosi, però, pur sempre e soltanto di un sospetto, occorre dimostrare che effettivamente nel caso concreto la violazione delle norme sulla scelta del contraente abbia determinato una maggiore spendita di denaro pubblico.

Dimostrazione che può essere raggiunta con il ricorso a ogni idoneo mezzo di prova, quale può essere la comparazione con i prezzi o con i ribassi conseguiti a seguito di gara per quella specifica tipologia di appalti, come risultanti dai dati forniti dall’Osservatorio Nazionale sui Lavori Pubblici.

Leggi la sentenza
CC Giur. Trentino Alto Agige sent. n. 17 -17


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