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Affidamenti senza gara: danno erariale alla concorrenza


La violazione della disciplina posta dal Codice dei contratti pubblici comporta un danno alla concorrenza che, in quanto tale, è idoneo a fondare la responsabilità patrimoniale dei soggetti agenti.

Questo il principio ribadito dalla Corte dei conti, sez. giur. Toscana, con la sentenza n. 93 depositata il 20 maggio 2015.

Nel caso di specie, dopo aver inviato a tre imprese la richiesta di preventivo per la realizzazione su misura e posa in opera di beni mobili di arredamento, a seguito delle risposte ricevute l’amministrazione scolastica aveva affidato la fornitura per una somma complessiva pari a € 74.926,00 al netto dell’Iva.

La Procura contabile aveva contestato l’irregolarità della procedura seguita, atteso che l’amministrazione, ai sensi dell’articolo 125 del d.lgs. 163/2006 avrebbe dovuto seguire il metodo del cottimo fiduciario, nonché l’onerosità, l’inopportunità ed ingiustificatezza della spesa sostenuta.

La relazione ispettiva della procura aveva inoltre evidenziato la genericità della formulazione della richiesta di preventivo, nonché l’assenza di una idonea valutazione per l’assegnazione della fornitura, tenuto conto che la delibera di affidamento era stata emanata in un momento antecedente al ricevimento ufficiale dei preventivi.

In materia di contrattualistica pubblica, la violazione delle regole di evidenza pubblica che impongono il previo espletamento di una gara al fine di garantire la possibilità di scegliere, nell’ambito di un adeguato numero di imprese partecipanti, la migliore offerta conseguibile per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture, determina un pregiudizio per le pubbliche finanze (cd. danno alla concorrenza).

La locuzione “danno alla concorrenza” è utilizzata dalla giurisprudenza amministrativa per indicare il danno risarcibile per equivalente in favore di un’impresa che non abbia avuto la possibilità di aggiudicarsi un contratto (si parla, infatti, di perdita di chance), o perché illegittimamente esclusa da una gara o perché, altrettanto illegittimamente, la gara non sia stata neppure espletata.

Danno che, ove ne ricorrano i presupposti, viene determinato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. in una misura variabile tra il 5% e il 10% del valore del contratto, che costituisce, di regola, l’utile che l’impresa avrebbe potuto conseguire dall’esecuzione del contratto stesso.

La giurisprudenza contabile, utilizzando i medesimi criteri della giustizia amministrativa per la quantificazione del “danno alla concorrenza”, ha ravvisato, nell’illegittima omissione della gara pubblica, un danno patrimoniale arrecato all’amministrazione per non aver conseguito il risparmio di spesa che sarebbe stato possibile ottenere mediante il confronto in gara tra più offerte (in termini, Corte dei conti, Sez. giur. Liguria, sent. 187/2012; Sez. Appello, sent. 198/2011).

Danno quantificato, dai magistrati toscani, nella differenza tra la spesa effettivamente sostenuta dall’amministrazione e quella (minore) che, invece, avrebbe potuto ottenere se all’acquisto si fosse proceduto mediante regolare procedura concorsuale, tenuto conto dei prezzi di mercato.

Per detta tipologia di illecito appare “codificato” anche il requisito psicologico della colpa grave necessario per l’addebito della responsabilità amministrativa, considerata l’inescusabile negligenza dei soggetti responsabili, “i quali non potevano non considerare la necessità di una gara per la fornitura, principio di minima esigibilità per ogni soggetto legato da rapporto di servizio con la Pubblica Amministrazione”.

Leggi la sentenza
CC Sez. Giurisd. Toscana sent. n. 93_15


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