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Autonomie, deliberazione n. 9 – Mobilità del personale dipendente da società partecipate


I magistrati contabili della sezione delle Autonomie, con la deliberazione 9/2015, pubblicata sul sito il 6 marzo, hanno chiarito che ai dipendenti dei consorzi, in particolare di quelli di sviluppo industriale, non si estende la disciplina dell’articolo 1, commi 563-568, della legge 147/2013, in materia di mobilità del personale dipendente da società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni.

La sezione Autonomie è intervenuta a seguito della questione sollevata dalla Corte dei Conti delle Marche con la deliberazione 143/2014, in merito alla possibilità di estendere ai consorzi la normativa riferibile agli organismi partecipati aventi natura societaria.

Come evidenziato dai magistrati contabili, la legge di stabilità 2014, fermo restando il divieto di attuare processi di mobilità fra la partecipata e l’Ente controllante, ha introdotto un meccanismo diretto a far sì che il personale a rischio di esubero possa essere trasferito verso altre società sulla base di apposite convenzioni tra le società stesse (escluse le quotate e quelle da esse controllate).

I processi di mobilità tengono conto dei fabbisogni di personale e delle esigenze funzionali e organizzative di ciascuna società e si perfezionano senza il consenso del lavoratore, con il solo obbligo dell’informativa alle rappresentanze aziendali e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato in azienda.

Analoga informativa è prevista per le società partecipate che rilevino eccedenze di personale, oppure nell’ipotesi in cui l’incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al 50% delle spese correnti: con essa sono individuati il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale in eccedenza.

Spetta all’ente controllante provvedere alla riallocazione totale o parziale del personale in eccedenza nell’ambito della stessa società mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, ovvero presso altre società controllate dal medesimo ente o dai suoi enti strumentali.

Con il d.l. 16/2014 è stato riconosciuto al personale in esubero delle società partecipate che risulti privo di occupazione, fatta salva l’applicazione delle misure sopra riferite, la precedenza, a parità di requisiti, per l’impiego nell’ambito di missioni afferenti a contratti di somministrazione di lavoro stipulati dalle stesse pubbliche amministrazioni, per esigenze temporanee o straordinarie, proprie o di loro enti strumentali.

Il meccanismo è stato poi incentivato consentendo al personale dipendente delle società di presentare alla società datrice di lavoro o all’ente controllante, entro un termine determinato, istanza di ricollocazione anche in una qualifica inferiore nella stessa o in altra società (art. 1, comma 567-bis, legge 147/2013, introdotto dal d.l. 90/2014).

Le stesse disposizioni sulla mobilità del personale dipendente dalle società partecipate sono state estese dal legislatore alle aziende speciali (art. 1, comma 568-bis, d.l. 147/2014).

Secondo i magistrati contabili,  tale disciplina, in quanto avente natura eccezionale, necessita di una stretta interpretazione, nonostante le esigenze sottese alla riallocazione del personale delle società/aziende speciali da dismettere o da alienare possa rilevare anche per altre tipologie di organismi sottoposti a controllo pubblico, con forma giuridica diversa da quella societaria.

 

 


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