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Campania, deliberazione n. 205 – Donazione immobile destinato al culto cattolico


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla possibilità di procedere alla cessione a titolo gratuito di un immobile alla diocesi oppure di effettuare la cessione a titolo oneroso attraverso una permuta.

L’ente ha premesso che l’immobile consta di edifici destinati al culto pubblico, di rilevanza storico, artistica e architettonica.

I magistrati contabili della Campania, con la deliberazione 205/2014, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 7 ottobre, hanno evidenziato che il bene pubblico con interesse storico e/o artistico destinato al culto rientra nell’ambito del demanio accidentale dello Stato o di altri enti pubblici (art. 822, comma 2°, art. 824, art. 830; art. 53 d.lgs 42/2004).

I beni demaniali sono incommerciabili, inusucapibili, non assoggettabili ad esecuzione forzata e inespropriabili, pertanto, non possono formare oggetto di diritti a favore dei terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (art. 823 c.c.).

Nel caso dei beni del demanio culturale, la sdemanializzazione passa attraverso specifiche procedure, disciplinate dal Codice dei beni culturali (d.lgs. 42/2004, che variano a seconda delle caratteristiche concrete del bene (art. 12 comma 5, e art. 55).

Nel caso in cui il bene non vi rientri o, comunque, ne sia stato sottratto secondo legittime procedure, in base alle sue caratteristiche concrete, gli atti di disposizione di tali beni non possono che essere funzionalizzati all’interesse pubblico.

La perdita di un cespite deve essere adeguatamente compensata da una partita di carattere finanziario o con un’“utilitas” di carattere patrimoniale (in termini di uso, proprietà, servizi).

Ciò porta a presumere l’incompatibilità di atti di alienazione a titolo gratuito con l’interesse pubblico, a meno che l’attribuzione costituisca attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione, ovvero sia finalizzata allo svolgimento di servizi pubblici o, comunque, di interessi per la collettività (Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia, del. 262/2012 e 349/2011; sez. contr. Piemonte, del. 36/2014).

In materia di “donazione” da parte di enti pubblici, la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene che, pur non esistendo un divieto o una norma che prevede l’incapacità a donare da parte degli enti pubblici, la donazione non può integrare una mera “liberalità” (Cass. 22 gennaio 1953, n. 157, Cass. 17 novembre 1953, n. 3540, Cass. 5 luglio 1954, n. 2338, Cass. Sez. un. 18 febbraio 1955, n. 470, Cass. 16 giugno 1962, n.1525; 15 luglio 1964, n. 1906 e 17 marzo 1965, n.452; Cass. 7 dicembre 1970, n. 2589; Cass. 18 dicembre 1996, n. 11311).

Relativamente alla permuta, i magistrati contabili hanno richiamato l’articolo 1552 c.c., secondo cui “La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro”, di conseguenza, a seconda delle caratteristiche concrete dell’operazione, la permuta può costituire un’operazione finanziariamente neutra, un contratto attivo o un contratto passivo.

In tal caso, l’ente dovrà rispettare le norme in materia di alienazione e qualora l’operazione comporti un conguaglio in danaro a carico del comune la congruità del prezzo deve essere attestata dall’Agenzia del demanio, dovendone dare “preventiva notizia, con l’indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito, nel sito internet istituzionale dell’ente”.

Solo nel caso di permuta “pura”, è esclusa l’applicazione dell’art. 1, comma 12-ter del d.l. 98/2011.

Tuttavia, per evitare l’impoverimento patrimoniale dell’ente, anche in caso di permuta “pura”, l’operazione dovrà essere sostenuta da adeguata istruttoria che attesti il valore degli immobili permutandi ed eventualmente evidenzi la necessità di un conguaglio e le ragioni della congruità della sua determinazione.

Tali operazioni devono essere adeguatamente presidiate dal punto di vista procedimentale e motivazionale, al fine di non integrare occasioni di responsabilità amministrativo-contabile.

 


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