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Lombardia, deliberazione n. 460 – Obbligo dismissione: illegittima la trasformazione in azienda


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta interpretazione del divieto di istituzione di nuovi enti, previsto dall’articolo 9, comma 6, del d.l. 95/2012, in particolare sulla possibilità di dare luogo alla trasformazione di una società in un‘azienda speciale.

L’ente ha premesso di detenere una partecipazione in una società a capitale interamente pubblico, partecipata da altre amministrazioni, le quali, complessivamente considerate, non raggiungono la soglia demografica di 30 mila abitanti.

La società, che svolge il servizio idrico, annualmente non realizza perdite, essendo in pareggio considerato il contributo annuale erogato dai vari comuni in base al contratto di servizio, a copertura dei costi sostenuti dalla società per garantire il servizio.

I magistrati contabili della Lombardia, con la deliberazione 460/2013 pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 5 novembre, hanno evidenziato che la causa giuridica del contratto di società è diretta alla produzione, almeno potenziale, di utili.

Pertanto, un soggetto giuridico strutturalmente inidoneo alla generazione di utile non appare coerente con la funzione tipica che l’ordinamento assegna al modulo societario.

Per tale ragione, “la scelta del modulo societario e la perseveranza nell’uso dello stesso non appare compatibile con le finalità pubbliche (art. 3 comma 27, L. n. 244/2007) nella misura in cui si traduce nel mantenimento in essere di un soggetto il cui funzionamento contrasta con i principi di efficienza, efficacia ed economicità, declinazione dinamica del buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost)”.

Relativamente alla possibilità di trasformare la società in azienda speciale, i magistrati contabili hanno chiarito che tale opzione risulta parzialmente possibile alla luce del disposto dell’articolo 9, comma 6, del d.l. 95/2012, come reinterpretato dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 236/2013.

Secondo la consulta, il divieto del comma 6 opera nella misura in cui non siano state adempiute le misure del comma 1, vale a dire la previa riduzione dei costi relativi agli enti strumentali degli enti locali nella misura almeno del 20%, anche mediante la soppressione o l’accorpamento dei medesimi.

Tuttavia, non è possibile procedere alla trasformazione per adempiere all’obbligo di dismissione, in quanto l’articolo 14, comma 32, del d.l. 78/2010 pone l’alternativa secca tra cessione e obbligo di dismissione.

Per altro verso, per adempiere al citato obbligo di dismissione, non è possibile nemmeno ipotizzare il conferimento del ramo di azienda da parte della società prima della costituzione del nuovo soggetto.

Secondo la Corte dei Conti, non sarebbe possibile trasformare una società di capitali in azienda in quanto tale opzione non sarebbe disciplinata dal codice civile, quindi, in concreto tale operazione sarebbe realizzabile solo previa costituzione di un nuovo organismo cui verrebbe ceduto un ramo d’azienda da parte della società.

I magistrati contabili ritengono infatti che “fermo restando l’obbligo di dismissione ai sensi dell’art. 14 comma 32, l’ente potrà cedere il complesso aziendale o i suoi rami ad una neocostituita azienda speciale, istituita nel limiti dell’art. 9, comma 1 e 6 del D.L. n. 95/2012, sopra richiamati”.

Tale interpretazione non appare condivisibile in quanto contrasta coi principi di autonomia contrattuale e di libertà negoziale.

Secondo tali dettati normativi, tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge deve ritenersi consentito, purché diretto a realizzare, come nel caso di specie, interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico.

Le norme in materia di trasformazione c.d. eterogenea, previste nel codice civile, consentono di realizzare ciò che prima si riteneva precluso, ossia la modificazione causale dell’ente da lucrativo a non lucrativo.

L’ampiezza della nozione di trasformazione, desumibile dalle ipotesi di trasformazione espressamente introdotte dal legislatore della riforma societaria, porta a ritenere che le fattispecie trasformative previste nel codice civile non siano tassative e che, anzi, si possano configurare fattispecie trasformative ulteriori, che coinvolgano anche enti non disciplinati dal codice civile.

Tali problematiche sono state oggetto di approfondimento in “E’ possibile trasformare una società di capiti in azienda speciale? Alcuni spunti di riflessione” .

 


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