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Manovra bis: le disposizioni di interesse per gli Enti locali – parte II


Leggi la PRIMA PARTE

Art. 4 – Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dell’unione europea (ovvero “abrogazione dell’art. 23-bis: è stato tutto uno scherzo, ecco di nuovo il 23-bis del Dl. n. 112/08”)

Nonostante quanto indicato nella rubrica, ma soprattutto “in barba” all’effetto preclusivo sull’attività legislativa del Parlamento a seguito dell’abrogazione referendaria [secondo il quale dalla “peculiare natura del referendum, quale atto-fonte dell’ordinamento – deriva che – a differenza del legislatore che può correggere o addirittura dissolvere quanto ha in precedenza statuito, il referendum manifesta una volontà definitiva e irripetibile” da cui scaturisce il divieto di formale o sostanziale ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare”(Corte Cost., sent. n. 32/93) che ha durata di 5 anni, applicando analogicamente l’art. 38 della Legge n. 352/70], il Legislatore ha reintrodotto con la norma in commento la disciplina contenuta nell’art. 23-bis del Dl. n. 112/08 e alcune parti del Dpr. n. 168/10 (evviva la volontà popolare!).

Gli Enti locali, infatti, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, dovranno verificare la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, liberalizzando tutte le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità e accessibilità del servizio e limitando, negli altri casi, l’attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità (cioè commi 3 e 4 del citato art. 23-bis).

All’esito di tale verifica (analisi di mercato) l’Ente dovrà adottare una delibera quadro che illustri l’istruttoria compiuta ed evidenzi, per i settori sottratti alla liberalizzazione, i fallimenti del sistema concorrenziale e, viceversa, i benefici per la stabilizzazione, lo sviluppo e l’equità all’interno della comunità locale derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del servizio.

A tale delibera dovrà essere data adeguata pubblicità e inviata all’Antitrust (non stiamo parafrasando l’abrogato art. 23-bis, è proprio la “nuova” disciplina sui servizi pubblici locali).

Tale verifica dovrà essere effettuata da tutti gli Enti entro un anno (entro il 12 agosto 2012) e ripetuta periodicamente “secondo i rispettivi ordinamenti degli enti locali” (ogni ente cioè dovrà disciplinare la periodicità di tale verifica), mentre tale verifica dovrà essere sicuramente effettuata prima di procedere al conferimento e al rinnovo della gestione dei servizi.

Gli Enti locali, per assicurare agli utenti l’erogazione di servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, dovranno definire preliminarmente, ove necessario, gli obblighi di servizio pubblico, prevedendo le eventuali compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, tenendo conto dei proventi derivanti dalle tariffe e nei limiti della disponibilità di bilancio destinata allo scopo.

Le società affidatarie dirette di servizi pubblici, potranno svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui sono titolari di diritti di esclusiva, mediante società separate.

Il conferimento della gestione di servizi pubblici locali deve avvenire in favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità (comma 1 e 2 art. 23-bis).

Le società a capitale interamente pubblico potranno partecipare alle procedure competitive ad evidenza pubblica, sempre che non vi siano specifici divieti previsti dalla legge (come quello previsto dal comma 33 della norma in commento).

Le imprese estere, non appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, potranno essere ammesse alle procedure competitive ad evidenza pubblica per l’affidamento di servizi pubblici locali a condizione che documentino la possibilità per le imprese italiane di partecipare alle gare indette negli Stati di provenienza per l’affidamento di omologhi servizi.

Al fine di promuovere e proteggere l’assetto concorrenziale dei mercati interessati, il bando di gara o la lettera di invito, relative alle procedure per l’affidamento dei sevizi pubblici locali, dovrà:

a)   escludere che la disponibilità a qualunque titolo delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali non duplicabili a costi socialmente sostenibili ed essenziali per l’effettuazione del servizio possa costituire elemento discriminante per la valutazione delle offerte dei concorrenti;

b)   assicurare che i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara siano proporzionati alle caratteristiche e al valore del servizio e che la definizione dell’oggetto della gara garantisca la più ampia partecipazione e il conseguimento di eventuali economie di scala e di gamma;

c)    indicare, ferme restando le discipline di settore, la durata dell’affidamento commisurata alla consistenza degli investimenti in immobilizzazioni materiali previsti nei capitolati di gara a carico del soggetto gestore. In ogni caso la durata dell’affidamento non potrà essere superiore al periodo di ammortamento dei suddetti investimenti;

d)   eventualmente prevedere l’esclusione di forme di aggregazione o di collaborazione tra soggetti che possiedono singolarmente i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara, qualora, in relazione alla prestazione oggetto del servizio, l’aggregazione o la collaborazione sia idonea a produrre effetti restrittivi della concorrenza sulla base di un’oggettiva e motivata analisi che tenga conto di struttura, dimensione e numero degli operatori del mercato di riferimento;

e)    prevedere che la valutazione delle offerte sia effettuata da una commissione nominata dall’ente affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia;

f)     indicare i criteri e le modalità per l’individuazione dei beni e per la determinazione dell’eventuale importo spettante al gestore al momento della scadenza o della cessazione anticipata della gestione;

g)   prevedere l’adozione di carte dei servizi al fine di garantire trasparenza informativa e qualità del servizio.

In caso di gara a doppio oggetto (per l’individuazione del socio e l’affidamento del servizio) al socio dovrà essere conferita una partecipazione non inferiore al 40% e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio.

In tal caso, il bando di gara o la lettera di invito dovrà assicurare che:

a)   i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie;

b)   il socio privato selezionato svolga gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio per l’intera durata del servizio stesso e che, ove ciò non si verifichi, si proceda a un nuovo affidamento;

c)    siano previsti criteri e modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione.

L’affidamento diretto a proprie società, secondo il modello dell’in house providing, potrà avvenire nel caso in cui il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento sia pari o inferiore alla somma complessiva di 900.000 euro annui.

Le società in house, affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali sono assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità che dovranno essere definite con apposito Decreto.

E’ necessario ricordare che tale previsione era contenuta nel comma 10 dell’art. 23-bis che prima dell’abrogazione referendaria era stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 325/10.

Gli Enti locali dovranno vigilare sull’osservanza, da parte delle proprie partecipate, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno (dovremo aspettare per avere indicazioni in merito a come potrà essere attuato tale vincolo).

Il Legislatore della Manovra correttiva bis 2011 ha previsto che le società in house e le società miste affidatarie di servizi pubblici locali “applicano, per l’acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui al Dlgs. n. 163/06”, ma le in house e le società controllate sono già obbligate al rispetto del codice dei contratti.

Il Legislatore ha ritenuto necessario ribadire che anche le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’art. 35 del Dlgs. n. 165/01, ma tali società sono obbligate a questo vincolo fin dall’agosto 2008.

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