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Partecipate: la mancata razionalizzazione periodica non determina responsabilità dirigenziale


La responsabilità in caso di mancata adozione del piano di razionalizzazione delle partecipazioni, dirette o indirette, detenute dall’ente (ex art. 20, comma 7, d.lgs. 175/2016) ricade in capo al Consiglio Comunale e non al responsabile dei servizi finanziari.

Questo il principio sancito dalla Corte dei conti, Sez. giur. Campania, con il Decreto 3/2022, con cui è stato chiarito che non si può estendere la responsabilità pecuniaria sanzionatoria “anche alla struttura amministrativa il cui negligente operato avrebbe comportato la violazione dell’obbligo di adozione del provvedimento di analisi delle partecipazioni da parte dell’organo rappresentativo dell’ente”.

Nel caso di specie, il Procuratore Regionale della Corte dei Conti aveva chiesto di promuovere giudizio nei confronti del Responsabili del servizio finanziario di un Comune che non aveva adottato la deliberazione annuale di revisione delle società partecipate, prevista dall’art. 20 del d.lgs. 175/2016.

La Corte dei Conti aveva ritenuto responsabile di tale omissione, il funzionario al quale compete la predisposizione degli atti necessari, propedeutici alla presentazione al Consiglio della proposta di ricognizione delle partecipazioni societarie detenute dall’ente, configurando tale omissione “come integrante una delle ipotesi di responsabilità sanzionatoria di cui al co. 7 dell’art. 20 citato, meritevole della sanzione del pagamento della misura edittale minima ivi prevista”.

I magistrati contabili della Campania hanno ricordato che la ratio della fattispecie disciplinata dall’art. 20 del TUSP è quella di imporre agli enti “di procedere annualmente ad un’analisi ricognitiva delle partecipazioni societarie detenute” al fine di provvedere ad una razionalizzazione o riassetto delle stesse, trasmettendo, successivamente, il provvedimento di analisi alla competente Sezione di controllo della Corte dei conti.

L’ipotesi di responsabilità sanzionatoria, prevista al comma 7 della citata norma, è rilevabile mediante l’ordinaria attività di controllo svolta dalla Corte, che, nel caso in cui rilevi un’omissione attiva l’azione di responsabilità per l’applicazione di una sanzione pecuniaria (da un min. Di € 5.000,00 a max € 500.000,00).

I magistrati contabili, nel decreto in commento, hanno evidenziato che l’elemento soggettivo dal quale partire per individuare la responsabilità sanzionatoria incombe sul Consiglio Comunale che ha l’obbligo di adottare uno degli atti previsti dall’art. 20 del TUSP.

Per la Corte dei Conti, l’ipotesi di responsabilità sanzionatoria di natura amministrativa prevista al comma 7 dell’art. 20 deve essere interpretata nel rispetto a quanto previsto dall’art. 12 della legge  689/1981 in materia di sanzioni amministrative, che prevede che: “Le disposizioni di questo capo si osservano (…) per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari”.

Pertanto, non può essere applicata ai funzionari amministrativi in quanto non competenti ad adottare i provvedimenti di ricognizione delle partecipazioni societarie, in caso contrario infatti “si attuerebbe una estensione dell’ambito applicativo della norma sanzionatoria violativo del principio di legalità” di cui all’art. 12 sopra citato.

Leggi il decreto

corte conti 3-22- partecipate- responsabilità

 

 

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