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Mancata suddivisione in lotti


In caso di mancata suddivisione in lotti, l’operatore economico deve comprovare l’incidenza lesiva che questa misura ha determinato nella propria sfera giuridica, dimostrando concretamente la compressione che essa ha subìto rispetto alle possibilità di un’utile partecipazione alla competizione.

Questo  il  principio espresso dal Tar Lombardia, Sez. I, con la sentenza n. 1559 del 25 giugno 2021.

Nel caso di specie, l’impresa impugnava gli atti di indizione della gara per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e trattamento/smaltimento dei rifiuti. La ricorrente non aveva preso parte alla predetta procedura di gara, in ragione della non sostenibilità economica della base d’asta.

La ricorrente tra i motivi di ricorso evidenziava la illegittimità della decisione di affidare il servizio in un unico lotto; infatti deduceva in proposito la violazione dell’art. 51 del codice dei contratti che prevede la preferenza per la suddivisione degli appalti in lotti al fine di favorire l’accesso delle micro, piccole e medie imprese (PMI).

I giudici amministrativi hanno rigettato il ricorso proposto dalla ricorrente ed evidenziato che la ricorrente aveva giustificato la sua scelta di non prendere parte alla gara in ragione della ritenuta non sostenibilità della base d’asta, che avrebbe impedito la presentazione di un’offerta competitiva; pertanto, la mancata partecipazione alla gara da parte della ricorrente non era stata impedita dalla revisione di un affidamento tramite lotto unico.

La giurisprudenza ha affermato che l’assetto organizzativo della gara quanto alla suddivisione in lotti costituisce un insieme di regole della lex specialis che non impedisce la partecipazione e la presentazione dell’offerta (Consiglio di Stato Sez. III 30 settembre 2020 n. 5746). Pertanto, non vi sono i presupposti per l’impugnazione immediata, dovendo tali clausole essere gravate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (ovvero l’aggiudicazione a terzi).

I giudici amministrativi hanno precisato che le clausole del bando di gara  che non rivestano portata escludente dovevano essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e potevano essere impugnate unicamente dall’operatore economico che aveva partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura.

Infatti, la mancata partecipazione alla gara riconduce in termini di inammissibilità della censura, dipendendo da una scelta propria dell’operatore, non condizionata dalla previsione della legge di gara circa il lotto unico per tutti i servizi oggetto di affidamento.

Infine, i giudici amministrativi hanno ricordato che la giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità di far valere anche al di fuori del perimetro soggettivo delle PMI, doglianze avverso un assetto organizzativo della gara che comprometta in concreto il principio di concorrenza tra più operatori, costituendo tale principio un valore di carattere generale intangibile che, per come enunciato nell’art. 30 del d.lgs.  n. 50/2016, attraversa l’intera disciplina dei contratti pubblici  e di cui l’art. 51, comma 1, del predetto d.lgs. n. 50/2016 costituisce solo un precipitato tecnico applicativo e quindi come tale non idoneo a consumarne l’ambito di efficacia (Consiglio di Stato Sez. III del 9 febbraio 2021 n. 1221).

 

Leggi la Sentenza

TAR Lombardia 1559-21

 

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