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Solo per le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazioni mafiose è obbligatoria l’iscrizione alla White List


Per le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, ex art. 1 comma 53 legge 190/2012 è obbligatoria l’iscrizione alla cd. White List.

Questo il principio espresso dal TAR Lazio nella sentenza n. 484 depositata il 29 dicembre 2020.

Nel caso di specie, una società si era classificata al secondo posto nella gara a procedura negoziata indetta da una SA per l’affidamento dei lavori di “Progettazione esecutiva e realizzazione di un sistema di trattamento effluenti attivi liquidi” presso una Centrale Nucleare, da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo.

La società ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione a favore della prima classificata, sostenendo, come unico motivo di impugnazione, la violazione e falsa applicazione degli artt. 29, 30, 80, 83, 89 e 134 del Codice degli appalti e del disciplinare di gara.

La SA aveva richiesto la presentazione di una dichiarazione inerente il possesso dell’iscrizione «limitatamente ai settori indicati dalla normativa vigente, nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (c.d. white list) istituito presso la Prefettura della provincia in cui l’operatore economico ha la propria sede.

La ricorrente ha lamentato che l’aggiudicataria avesse dichiarato di essere iscritta alla suddetta white list, pur non essendo in possesso di tale requisito.

Appare utile ricordare che il citato comma 53 dell’articolo 1 della legge Anticorruzione (legge 190/2012) stabilisce che sono attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa:

  • estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;
  • confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;
  • noli a freddo di macchinari;
  • fornitura di ferro lavorato;
  • noli a caldo;
  • autotrasporti per conto di terzi;
  • guardiania dei cantieri;
  • servizi funerari e cimiteriali;
  • ristorazione, gestione delle mense e catering;
  • servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti.

I giudici amministrativi, nella sentenza in commento, hanno chiarito che l’indicazione relativa all’iscrizione nella cd. white list è  obbligatoria soltanto per le attività che lo stesso legislatore ha qualificato come “attività maggiormente esposte a infiltrazioni mafiosi.

In tutti gli altri casi, come nel caso di specie, le cui attività oggetto di affidamento non sono indicate nell’elenco contenuto nel citato comma 53, l’iscrizione non è obbligatoria, pertanto, anche in caso di errata indicazione (o falsa dichiarazione?), che l’aggiudicataria ha giustificato dicendo che è stato solo il frutto di un mero errore materiale (di battitura) risulterebbe ininfluente.

Il Tar ha rilevato che nello stesso disciplinare, coerentemente col dettato normativo specifica che l’onere di specificazione di essere iscritto alla c.d. white list, era previsto “limitatamente ai settori indicati dalla normativa vigente”.

Pertanto, i giudici amministrativi hanno ritenuto condivisibile la nota con cui la Stazione Appaltante ha respinto la richiesta di annullamento in autotutela avanzata dalla ricorrente, confermando che “l’iscrizione alla White List non è necessaria per l’esecuzione dei lavori di cui all’oggetto in quanto le attività imprenditoriali iscrivibili nell’elenco della Prefettura sono quelle espressamente individuate nell’art. 1, comma 53, della legge 190/2012”.

Il Tar ha quindi respinto il ricorso presentato dalla seconda in classifica, dichiarando corretto l’operato della SA.

Leggi la Sentenza

TAR Lazio n. 484-20


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