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Buoni alimentari anche ai non residenti


I Comuni non possono richiedere il requisito della residenza anagrafica per il riconoscimento dei buoni spesa per generi alimentari previsto dall’art. 2, comma 6 dell’ordinanza del Dipartimento della Protezione Civile n. 658 del 29 marzo 2020, spettanti ai nuclei familiari in comprovate situazioni di indigenza e di necessità.

La negazione di tale diritto produce un pregiudizio ai diritti fondamentali e inviolabili della persona, quale il diritto all’alimentazione inteso come componente del più generale diritto alla salute, garantito dalla Costituzione italiana.

Questo quanto stabilito dal Tribunale Ordinario di Roma, con il decreto n. 18957 del 22 aprile 2020, che ha accolto parzialmente il ricorso presentato da un cittadino straniero, non in regola con il permesso di soggiorno, che aveva richiesto al Comune i buoni spesa alimentari durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Nel caso specifico, il nucleo familiare del ricorrente, composto moglie e  due figli minori, tutti privi di regolare permesso di soggiorno, aveva fatto richiesto l’accesso al buono spesa erogato dal Comune. Il ricorrente, nella richiesta, aveva precisato che la famiglia, da anni domiciliata nel territorio comunale, aveva sempre svolto attività lavorative con regolari contratti fino alla scadenza del permesso di soggiorno.

Tuttavia, con l’insorgere dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, la coppia si è trovata a dover interrompere la propria attività lavorativa, vertendo conseguentemente in condizioni di indigenza, senza tuttavia poter godere di ammortizzatori sociali o altre garanzie né regolarizzare la propria posizione, a causa  della chiusura degli Uffici Immigrazione delle Questure e la sospensione delle procedure per il rilascio dei permessi, nonché la chiusura delle frontiere legata all’emergenza sanitaria, che ha impedito a chi si trovasse temporaneamente o irregolarmente sul territorio nazionale di lasciare il paese o di essere espulso.

Il Comune, rispetto a quanto disposto dall’art. 2, co. 6 dell’ordinanza del Dipartimento della Protezione Civile n. 658 del 29 marzo 2020, adottata per far fronte alle esigenze di approvvigionamento alimentare dei nuclei familiari più esposti durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19, ha introdotto il requisito della residenza sul territorio comunale, non soddisfatto dal nucleo familiare del ricorrente.

Il Tribunale Ordinario di Roma, nel decreto in commento, ha ribadito quanto espresso dalla giurisprudenza costituzionale in merito al carattere universale dei diritti umani fondamentali, e l’esistenza di un nucleo minimo di tali diritti che non può essere in nessun modo violato e spettante a tutte le persone in quanto tali, a prescindere dalla regolarità del soggiorno sul territorio italiano. Ciò vale tanto per i diritti di libertà quanto per i diritti sociali, per i quali è maggiore la discrezionalità del legislatore (stante l’allocazione di risorse finanziarie scarse) ma per i quali non può comunque essere violato il nucleo di diritti fondamentali della persona.


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