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La contestazione di inconferibilità dell’incarico è competenza del RPCT


Il procedimento di contestazione sull’inconferibilità e incompatibilità degli incarichi affidati è di competenza del Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT).

Questo il principio espresso dal TAR Lazio, Sezione I, con la sentenza n. 2524 del 26 febbraio 2020.

Nel caso di specie, un Sindaco aveva impugnato la delibera ANAC n. 159/2019 di accertamento dell’inconferibilità  relativo ad un incarico di posizione organizzativa assegnato ad un dipendente di un’altra amministrazione locale.

Il Sindaco ricorrente aveva riferito che, durante il proprio mandato, stante l’impossibilità di garantire lo svolgimento di tutti i servizi istituzionali dell’ente con personale interno e non potendo provvedere all’assunzione di nuove unità di personale nel rispetto dei vincoli di bilancio, la Giunta comunale aveva deciso di assegnare, mediante conferimento di incarico “a scavalco” a tempo parziale (ex art. 14 CCNL Regioni ed Autonomie Locali 21.01.2004), la responsabilità dell’Ufficio tecnico a personale esterno in convenzione con un altro Comune, subordinando l’efficacia dell’incarico alla presentazione della dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità, ex art. 3 d.lgs. 39/2013.

Dall’autodichiarazione, esaminata dal RPCT dell’ente, era però emersa la presenza, a carico dell’incaricato, di due sentenze di condanna in primo grado, non passate in giudicato, per reati di abuso di ufficio e di falso ideologico, con beneficio di sospensione della pena per entrambe i reati. Alla data di conferimento dell’incarico il periodo di congelamento della pena previsto dalle sentenze di cui sopra non risultava ancora scaduto, pertanto il RPCT, rilevando la sussistenza della fattispecie prevista dall’art. 3 del d.lgs. 39/2013 in materia di inconferibilità, dichiarava nullo il conferimento dell’incarico di posizione organizzativa, formulando specifica contestazione ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. 39/2013.

Non avendo ricevuto alcun parere negativo dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) in merito alla legittimità della convenzione stipulata tra i due enti, il RPCT aveva ritenuto la stessa valida, pertanto il rapporto di lavoro poteva proseguire con assegnazione di normali funzioni, senza però alcuna responsabilità gestionale, fino al termine del periodo di congelamento stabilito da sentenza, al termine del quale si sarebbe potuto  assegnare al dipendente una nuova posizione organizzativa ma in un diverso settore (ambiente).

A fronte dell’assoluzione in appello per insussistenza del fatto, relativa ad una delle due sentenze di condanna in primo grado, restava pendente solamente una condanna, il cui periodo di congelamento era tuttavia già decorso. Veniva dunque conferito all’ingegnere l’incarico di Responsabile del servizio tecnico, ma per tale affidamento l’ANAC trasmetteva al Comune una comunicazione di avvio di un procedimento di vigilanza relativo ad una possibile ipotesi di inconferibilità. Alla predetta comunicazione faceva seguito la deliberazione ANAC in cui si rilevava la sussistenza di una fattispecie di inconferibilità dell’incarico, ai sensi dell’art. 3, commi 1 e 3 del d. lgs. n. 39/2013, per violazione del divieto di inconferibilità di incarichi direttivi a chi è stato condannato, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, ai sensi dell’art. 35 bis d.lgs. n. 165/2001.

Tale provvedimento veniva notificato al ricorrente, ormai non più Sindaco, al quale il RPCT inviava la comunicazione di avvio del procedimento in danno, in merito alla contestazione delle responsabilità conseguenti alla rilevata inconferibilità. Avverso tale provvedimento, l’oramai ex Sindaco ricorreva in giudizio.

Il TAR, richiamando la pronuncia n. 126/2018 del Consiglio di Stato, ha ritenuto che all’ANAC spetti, ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. 39/2013, un potere di vigilanza sui singoli atti di conferimento di incarichi, su cui può sollecitare un’attivazione di controllo da parte del RPCT, in quanto organo interno deputato ad accertare e contestare all’interessato eventuali situazione di inconferibilità e incandidabilità, con conseguente potere di irrogazione delle sanzioni di cui all’art. 18, co. 1, d. lgs. 39/2013, tra cui vi rientra anche la dichiarazione di nullità dell’incarico precedentemente conferito.

Nel caso di specie, a prescindere da come possa essere inquadrata la delibera ANAC in questione, il ricorrente non ha impugnato il provvedimento del RPCT, con il quale sono state irrogate le sanzioni di cui all’art. 18, co. 1, d. lgs. 39/2013, nell’esercizio del potere espressamente riservatogli dalla legge.

Per questi motivi, il ricorso è stato giudicato inammissibile dal giudice amministrativo.

Leggi la sentenza
TAR Lazio, sez. I, 26 febbraio 2020, n. 2524


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