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Subappalto: illegittimi i limiti


I limiti imposti alla facoltà di subappaltare le prestazioni da parte dell’aggiudicatario di un affidamento sono stati dichiarati illegittimi dalla Corte di Giustizia Europea, con la sentenza 26 settembre 2019, causa C-63/18, con cui è stata ribadita l’anomalia della disciplina contenta nell’articolo 105 del d.lgs. 50/2016.

La Corte Europea si è attivata a seguito della lettera di costituzione in mora (infrazione 2018/2273) inviata all’Italia dalla Commissione Europea il 24 gennaio 2019 che, tra le altre cose, contestava infatti le norme riguardanti il subappalto.

I limiti al subappalto sono inseriti nell’ordinamento giuridico italiano per la prima volta con l’art. 18 della legge 55/1990, confermati successivamente nell’art. 34 della legge 109/1994, fino all’art. 105 del vigente Codice. In particolare, il comma 2 dell’art. 105 prevede che “Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. […]Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.”

Il limite quantitativo del 30% è stato innalzato al 40% dal d.l.32/2019 (c.d. “sblocca-cantieri”), verosimilmente con l’intento di superare i problemi avanzati dall’Unione europea con l’apertura della procedura di infrazione anzidetta.

Lo stesso Decreto sblocca-cantieri ha poi inciso su un’altra previsione dell’art. 105, il comma 6, disponendo la sospensione fino al 31 dicembre 2020 dell’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori per gli appalti di importo superiore alle soglie di cui all’art. 35.

La finalità della norma nazionale, rispetto a quella prevista dal legislatore comunitario, è sempre stata quella della tutela degli interessi generali di primaria importanza, della sostenibilità sociale, dell’ordine e della sicurezza pubblica, in un contesto – quello del subappalto – in cui i maggiori rischi di infiltrazione criminale e di condizionamento dell’appalto si associano a minori capacità di controllo e verifica dei soggetti effettivamente coinvolti nell’esecuzione delle commesse.

Con la citata sentenza emessa dalla Corte Ue (causa C-63/18) è stato ritenuto illegittimo il limite del 30% al subappalto.

Il caso di specie attiene all’esclusione di un’impresa disposta da Autostrade, per il mancato rispetto del limite del 30%, tenuto conto che l’innalzamento al 40% del subappalto disposta dal d.l. 32/2019 ha una validità ridotta temporalmente, essendo valida soltanto fino al 31 dicembre 2020.

La Corte di Giustizia Europea ritiene che qualsiasi limite che vieti “in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico” è contrario alle direttive europee. Secondo i giudici europei, appare non in linea con il diritto comunitario la previsione di un limite percentuale alla possibilità di utilizzare il subappalto, in quanto tale limitazione si porrebbe in contrasto con l’obiettivo di aprire le gare pubbliche alle Pmi.

Il Governo italiano ha ribadito che il limite posto al subappalto è strumento di contrasto alle infiltrazioni (che troverebbero proprio nella catena dei subappalti una delle porte di ingresso più battute). La Corte ha ritenuto tale giustificazione insufficiente e non pertinente.

Per la Corte esistono altre modalità per alzare barriere all’ingresso della criminalità.

La prima è verificare il possesso dei requisiti dei subappaltatori.

Il diritto italiano” – ricorda la Corte – “già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso”.

Non vale, pertanto, l’argomento, proposto dal Governo, secondo cui spesso i controlli della Pa sarebbero inefficaci; questa circostanza infatti “nulla toglie al carattere restrittivo di un divieto generale che non lascia alcuno spazio a una valutazione”.

E’ necessario ricordare che sul tema è intervenuta anche l’ANAC, con atto di segnalazione n. 8 del 13 novembre 2019 del Presidente dell’Anac.

Nell’esercizio del potere di segnalazione di cui all’art. 213, comma 3, lett. d), del Codice dei contratti, l’Autorità ha inteso formulare alcune proposte per una urgente modifica normativa inerente la disciplina del subappalto a seguito della citata sentenza Corte di Giustizia.

Secondo l’Anac dovrebbero essere eliminate “limitazioni quantitative a priori» in modo da «favorire l’ingresso negli appalti pubblici delle Pmi”, consentendo il subappalto del 100%, perché “se da un lato il Giudice europeo ha censurato il limite al subappalto, dall’altro «non sembra aver stabilito la possibilità per gli offerenti di ricorrervi in via illimitata”. Potrebbe quindi essere prevista la “regola generale di ammissibilità del subappalto”, affidando alle stazioni appaltanti il compito di individuare, di volta in volta, le soglie, motivando la scelta gara per gara, così come avviene nel caso della mancata suddivisione in lotti degli appalti.

Secondo l’Anac però bisognerebbe imporre ai concorrenti di anticipare i nomi dei subaffidatari in modo da permettere “la verifica obbligatoria dei subappaltatori anche in fase di gara”.

Si ricorda infine che il Governo sta lavorando sul Regolamento attuativo e questo potrebbe essere il luogo idoneo a modificare la normativa e renderla in linea con i principi europei.


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