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Svolgimento di attività extra-lavorative non autorizzate: è fonte di responsabilità erariale


Lo svolgimento di prestazioni professionali extra-istituzionali, mai comunicate e tantomeno autorizzate dall’amministrazione di appartenenza, costituisce fonte di responsabilità amministrativa.

Il conseguente danno erariale, giusto il disposto dell’art. 53, commi 7 e 7 bis, del d.lgs. 165/2001, è quantificabile nel compenso percepito per le prestazioni extra-lavorative, al lordo delle imposte e delle altre ritenute previdenziali e fiscali, il quale deve essere riversato nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente.

Questo il principio ribadito dalla Corte dei Conti, sez. giur. Emilia Romagna, con la sentenza n. 53 depositata l’11 aprile 2019.

Nel caso di specie era emerso che il dipendente, in costanza di rapporto di lavoro dipendente a tempo pieno, aveva svolto per lungo tempo l’attività di amministratore condominiale, con il possesso di partita I.V.A., senza mai comunicare all’amministrazione di appartenenza tale impegno parallelo e senza richiedere alcuna autorizzazione al suo svolgimento.

Come ribadito dai giudici contabili, il rapporto di lavoro pubblico è caratterizzato da un regime di incompatibilità, in base al quale al dipendente pubblico a tempo pieno è tendenzialmente preclusa la possibilità di svolgere attività extra-lavorative.

La ratio di tale divieto va rinvenuta nel principio costituzionale di esclusività della prestazione lavorativa a favore del datore di lavoro pubblico (“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, art. 98 Cost.), finalizzato a preservare le energie del lavoratore e a tutelare il buon andamento della p.a.

Il carattere di esclusività che connota il rapporto di lavoro a favore delle pubbliche amministrazioni impone al dipendente pubblico di ottenere una previa autorizzazione per lo svolgimento di attività esterne, ex articolo 53, comma 7, del d.lgs. 165/2001.

Tale prescrizioni è preordinata a garantire il proficuo svolgimento delle mansioni dei pubblici dipendenti, attraverso il previo controllo dell’Amministrazione sulla possibilità, per gli stessi, d’impegnarsi in un’ulteriore attività senza pregiudizio dei compiti d’istituto.

L’inosservanza dell’obbligo di previa autorizzazione è sanzionato con l’obbligo di riversamento del compenso, da parte dell’erogante o in difetto del percettore, a favore del bilancio dell’amministrazione di appartenenza, per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

Relativamente alla quantificazione del debito del dipendente, i magistrati contabili hanno chiarito che il recupero delle somme deve avvenire al lordo delle imposte e delle altre ritenute previdenziali e fiscali, dal momento che i versamenti di natura tributaria e previdenziale, così come le relative dichiarazioni, costituiscono adempimenti di obblighi di legge che gravano direttamente sul percettore e attengono a rapporti giuridici del tutto diversi (quanto a contenuto e soggetti) rispetto a quello intercorrente tra il dipendente e l’amministrazione di appartenenza.

Leggi la sentenza
CC Sez. Giur. Emilia Romagna sent. n. 53 – 19


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