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Piccoli Comuni: incostituzionale la previsione generalizzata dell’obbligo di gestione associata


L’obbligo imposto ai piccoli Comuni (quelli con popolazione fino a 5.000 abitanti o a 3.000, se montani) di gestire in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le loro funzioni fondamentali è incostituzionale nella parte in cui non consente ai Comuni di dimostrare che, con le forme associative imposte, non sono realizzabili economie di scala e/o miglioramenti, in termini di efficacia ed efficienza, nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento.

Questo quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 33 depositata il 4 marzo 2019.

L’articolo 14, comma 28, del d.l. 78/2010 stabilisce l’obbligo per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti (o a 3.000, se montani), di esercitare le funzioni fondamentali di cui sono titolari mediante gli strumenti dell’unione di Comuni o della convenzione.

Il termine fissato dalla legge per l’attuazione di tale obbligo è stato oggetto di continue proroghe: il termine, attualmente, è fissato al 30 giugno 2019.

Come evidenziato dai giudici costituzionali, la previsione generalizzata dell’obbligo di gestione associata per tutte le funzioni fondamentali sconta un’eccessiva rigidità, al punto che non consente di considerare tutte quelle situazioni in cui, a motivo della collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, la convenzione o l’unione di Comuni non sono idonee a realizzare, mantenendo un adeguato livello di servizi alla popolazione, quei risparmi di spesa che la norma richiama come finalità dell’intera disciplina.

La norma del comma 28 dell’art. 14 del d.l. 78/2010, infatti, pretende di avere applicazione anche in tutti quei casi in cui:

  1. non esistono Comuni confinanti parimenti obbligati;
  2. esiste solo un Comune confinante obbligato, ma il raggiungimento del limite demografico minimo comporta la necessità del coinvolgimento di altri Comuni non posti in una situazione di prossimità;
  3. la collocazione geografica dei confini dei Comuni non consente, per esempio in quanto montani e caratterizzati da particolari «fattori antropici», «dispersione territoriale» e «isolamento» (sentenza n. 17 del 2018), di raggiungere gli obiettivi cui eppure la norma è rivolta.

Si tratta di situazioni dalla più varia complessità che però meritano attenzione, perché in tutti questi casi, solo esemplificativamente indicati, in cui l’ingegneria legislativa non combacia con la geografia funzionale, il sacrificio imposto all’autonomia comunale non è in grado di raggiungere l’obiettivo cui è diretta la normativa stessa, ovvero il contenimento della spesa pubblica.


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