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Gare: offerta sottoscritta da soggetto legittimato ma esorbitando i limiti statutari


L’offerta sottoscritta dal soggetto legittimato a rappresentare l’offerente ma esorbitando i limiti statutari relativi al valore delle offerte sottoscrivibili, è qualificabile come mera irregolarità, inopponibile ai terzi, e vincola pienamente la società all’offerta formulata.

Questo il principio espresso dal Tar Liguria con la sentenza n. 896 del 19 novembre 2018.

Nel caso di specie l’offerta economica era stata sottoscritta dal solo Presidente del C.D.A. che, in base allo statuto, aveva poteri di firma per atti di importo fino ad € 500.000,00.

Trattandosi di gara di importo eccedente, la firma doveva essere necessariamente congiunta con quella di uno dei due amministratori delegati.

In tale situazione, come evidenziato dai giudici amministrativi, non si versa in un’ipotesi di mancanza della sottoscrizione dell’offerta (vizio insuscettibile di essere sanato mediante il ricorso al c.d. soccorso istruttorio) ma nel diverso caso della offerta sottoscritta da soggetto legittimato a rappresentare l’offerente ma esorbitando dai limiti del proprio potere rappresentativo.

L’ipotesi trova la propria disciplina civilistica nell’art. 2384, comma 2, c.c., ai sensi del quale “Le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società”.

Tale disposizione sancisce l’inopponibilità ai terzi, esenti da dolo, dei limiti statutari di rappresentanza dell’ente societario, purché la volontà di quest’ultimo venga esternata da un soggetto a cui professionalmente ne compete la spendita del nome.

Pertanto, il vizio che affligge l’offerta economica sottoscritta eccedendo i limiti statutari è qualificabile come mera irregolarità, inopponibile ai terzi, e operante sul piano dei rapporti interni alla società.

Trova applicazione, dunque, l’insegnamento della Cassazione secondo cui “in tema di società di capitali, l’eccedenza dell’atto rispetto ai limiti dell’oggetto sociale, ovvero il suo compimento al di fuori dei poteri conferiti, non integra un’ipotesi di nullità dell’atto medesimo, ma, al più, di inefficacia e di inopponibilità nei rapporti con i terzi: eccepibile, peraltro, solo dalla società stessa, che potrebbe scegliere, in via alternativa, di ratificarlo con effetto ex tunc. Ne deriva, a fortiori, che ogni questione relativa all’estraneità dell’atto compiuto dall’amministratore rispetto all’oggetto sociale è da ritenersi irrilevante a seguito e per effetto dell’adozione di una delibera di autorizzazione preventiva adottata dalla società: posto che essa impegna quest’ultima a fare propria la conforme condotta esecutiva; idonea, o no, che sia al perseguimento dell’oggetto sociale (Cass. 5522 del 2015 Cass., sez. lavoro, 17 settembre 2009 n.20035; Cass., sez. 1, 15 aprile 2008 n. 9905; Cass., sez. 1, 11 dicembre 2006 n. 26325; Cass., sez. 1, 2 settembre 2004 n. 17678)”.


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