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Dipendenti della Società in house condannati per peculato: è danno erariale


I dipendenti della società in house che, nell’assolvimento delle proprie mansioni contrattuali, pongono in essere comportamenti illeciti, finalizzati all’ottenimento di utilità proprie in conflitto con l’interesse alla corretta esecuzione del servizio pubblico, rispondono di danno all’immagine e di danno da disservizio.

Questo quanto ribadito dalla Corte dei Conti, sez. giur. Veneto, con la sentenza n. 181 depositata il 9 novembre 2018.

Nel caso di specie, dal materiale d’indagine acquisito in sede penale ed in particolare dai verbali delle intercettazioni ambientali e telefoniche acquisite nell’ambito delle indagini penali era emerso che alcuni dipendenti della società in house, nell’esercizio delle mansioni alle quali erano addetti (parcheggiatori addetti al parcheggio comunale), in accordo tra loro, avevano costituito un vero e proprio sodalizio al fine di appropriarsi indebitamente delle somme percepite dagli automobilisti per il posteggio delle rispettive vetture (somme di cui avevano la disponibilità quali incaricati di pubblico servizio), contraffacendo gli scontrini ed il resoconto giornaliero degli incassi ed ottenendo, perciò, un indebito vantaggio patrimoniale.

Con tale illecito comportamento i dipendenti avevano sottratto alle casse della società parte degli introiti derivanti dalla gestione del parcheggio (che è attività di gestione di servizio pubblico), così causando alla stessa un danno patrimoniale diretto da mancati introiti.

I giudici contabili hanno ritenuto sussistente la giurisdizione della Corte dei Conti, in considerazione della qualifica di “in house” della società, interamente partecipata dal Comune, nell’interesse del quale svolgeva attività di gestione dei servizi ausiliari al traffico, tra cui, appunto, la gestione dei parcheggi comunali.

I giudici contabili hanno quindi accolto la domanda della Procura, sia sotto il profilo del danno all’immagine (stante l’ampio risalto mediatico della vicenda), che sotto quello del danno da disservizio (quantificato nel 5% delle retribuzioni percepite nel periodo in cui era state commesse le condotte illecite).

E’ stata dichiarata inammissibile la domanda di rateizzazione delle somme da corrispondersi a titolo di risarcimento, formulata dai dipendenti, in quanto, come previsto dall’art. 215, comma 5, del codice di giustizia contabile, la competenza alla determinazione del piano di rateizzazione, su richiesta del debitore, spetta all’Amministrazione lesa (e, in particolare, all’ufficio designato ai sensi dell’art. 214) “tenuto conto dell’ammontare del credito e delle condizioni economiche e patrimoniali del debitore ed è sottoposto alla previa approvazione del pubblico ministero territorialmente competente”.

Leggi la sentenza
CC Sez. Giur. Veneto sent. n. 181 -18


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