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Appalti: la verifica sulla congruità del costo della manodopera indicato nell’offerta


Un’offerta non può ritenersi ex se anomala, ed essere dunque esclusa, per il solo fatto che il costo della manodopera indicato dall’operatore economico risulti inferiore a quello indicato dalla stazione appaltante.

Questo il principio ribadito dal Tar Bolzano con la sentenza n. 292 dell’11 ottobre 2018.

L’articolo 23, comma 16, del d.lgs. 50/2016 impone alle stazioni appaltanti, al fine di determinare l’importo a base d’asta, d’individuare nei documenti di gara il costo della manodopera, determinato in base alle tabelle ministeriali.

Detto costo, a differenza di quello per la sicurezza, non è soggetto a scorporo dall’importo assoggettato a ribasso.

A sua volta l’operatore che partecipa alla gara, ex articolo 95, comma 10, del d.lgs. 50/2016, deve indicare nell’offerta i propri costi della manodopera (tale obbligo non sussiste per gli appalti aventi ad oggetto le forniture senza posa in opera, i servizi di natura intellettuale e per gli affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro).

Come ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, la stima dei costi per la manodopera effettuata dalla stazione appaltante non deve ritenersi vincolante per gli operatori economici, potendo gli stessi indicare anche valori inferiori.

In altri termini, non sussiste alcun automatismo escludente nel caso d’indicazione nell’offerta di un costo della manodopera inferiore a quello determinato dalla stazione appaltante.

L’essenzialità della indicazione di tale elemento nell’offerta economica è spiegata dalla stessa norma con la necessità di consentire alla stazione appaltante di procedere, prima dell’aggiudicazione, alla verifica del rispetto dei minimi salariali retributivi, nell’ambito della verifica di congruità.

 


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