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Appalti: sono legittimi i limiti del ricorso al subappalto?


Il Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 3553 dell’11 giugno 2018, ha chiesto l’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinché sia chiarito se le limitazioni quantitative al subappalto, previste dal legislatore nazionale nell’articolo 118, commi 2 e 4, del previgente d.lgs. 163/2006 (ed attualmente nell’art. 105 del d.lgs. 50/2016), siano conformi ai principi sanciti a livello europeo.

Secondo la previsione contenuta nell’articolo 118, commi 2 e 4, del d.lgs. 163/2006, il subappalto non può superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto e l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al venti per cento.

Tale formulazione, peraltro, è stata ripresa anche dalla norma contenuta nel nuovo codice degli appalti, ex art. 105, commi 2 e 14, d.lgs. 50/2016.

A tal proposito si ricorda che anche su tale disposizione il Tar Lombardia, con ordinanza n. 148/2018, ha proposto una analoga questione pregiudiziale, chiedendo alla Corte di Giustizia di fornire risposta al dubbio relativo alla possibile violazione dei principi di libertà di stabilimento (art. 49 TFUE), di libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE) e di proporzionalità, nonché dell’art. 71, Direttiva 2014/24/UE, che non prevede alcun limite per il subappalto.


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