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Personale: indennità di p.o. anche se manca o è nullo il provvedimento di nomina


Quando il dipendente venga assegnato a svolgere le mansioni proprie di una posizione organizzativa, previamente istituita dall’ente, e ne assuma tutte le connesse responsabilità, la mancanza o l’illegittimità del provvedimento formale di attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che è diretto a commisurare l’entità della retribuzione alla qualità della prestazione resa.

Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con la sentenza n. 8141

La funzione organizzativa si configura come una funzione ad tempus di alta responsabilità la cui definizione – nell’ambito della classificazione del personale di ciascun comparto – è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva.

Condizione imprescindibile affinchè la relativa indennità possa essere rivendicata dal dipendente è l’istituzione delle posizioni stesse.

Non rileva, invece, ai fini del riconoscimento dell’indennità, il formale conferimento dell’incarico.

Come affermato dalla giurisprudenza, una volta che la posizione organizzativa sia stata istituita e si accerti che il dipendente abbia svolto con pienezza di poteri le mansioni connesse all’incarico, assumendone la relativa responsabilità, la mancanza o l’illegittimità del provvedimento formale di attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che è comunque diretto a commisurare l’entità della retribuzione alla qualità della prestazione resa (Cass. 30.6.2016 n. 13453 e Cass. 4.7.2016 n. 13579 nonché, in relazione al comparto degli enti di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 165/2001, Cass.25.10.2016 n. 21524 e Cass. 4.11.2016 n. 22470).

La Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato l’applicabilità anche al pubblico impiego dell’art. 36 Cost. nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato, non ostando a tale riconoscimento l’eventuale illegittimità del provvedimento di assegnazione del dipendente a mansioni superiori rispetto a quelle della qualifica di appartenenza (Corte Cost. sent n. 57/1989, n. 296/1990, n. 236/1992, n. 101/1995, n. 115/2003, n. 229/2003).

Le uniche ipotesi in cui può essere disconosciuto il diritto alla retribuzione superiore devono essere circoscritte ai casi in cui l’espletamento di mansioni superiori sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente oppure allorquando sia il frutto della fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente (Cass. n. 27887 del 2099), o, infine, qualora la prestazione sia stata resa in violazione di principi basilari pubblicistici dell’ordinamento (Cass. n. 24266/2016).


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