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Autorità portuale: sono enti pubblici non economici assoggettati al t.u. sul pubblico impiego


Le Autorità portuali sono enti pubblici non economici, e come tali sono da ritenersi assoggettate ai principi che regolano il rapporto di pubblico impiego di cui al d.lgs. 165/2001.

Pertanto, le stesse non possono assumere personale con modalità privatistiche ma sono soggette all’obbligo derivante dall’articolo 97 della Costituzione di selezionare i propri dipendenti mediante concorso.

Inoltre, nel conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti interni o esterni, non possono prescindere dal possesso del requisito della laurea.

Questo il principio espresso dalla Corte dei Conti, sez. giur. Liguria, con la sentenza n. 92 depositata il 23 giugno 2017, con la quale sono stati condannati il Presidente e il Segretario dell’Autorità Portuale perché avevano nominato un dipendente dell’ente, privo di diploma di laurea, dirigente con contratto a tempo determinato.

Come evidenziato dai giudici contabili, la natura giuridica di enti pubblici non economici delle Autorità portuali è stata, legislativamente affermata, expressis verbis, dall’articolo 1, comma 993, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007).

Sotto il profilo sostanziale, inoltre, appare decisivo il criterio in base al quale la natura di ente pubblico economico può essere affermata solo laddove l’attività venga svolta per fini di lucro e in regime di concorrenza con soggetti privati.

Acclarato che le Autorità Portuali, in base alla legge n. 94/1984, non perseguono istituzionalmente alcun fine di lucro, né operano su mercati contendibili, la conseguenza logica è che le stesse, in quanto ente pubblico non economico, sono incluse nel novero delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001.

La struttura privatistica del rapporto di lavoro e il riferimento alle norme del cod. civ. e ai contratti collettivi per la disciplina del rapporto di lavoro del personale ha rilevanza solo per la gestione dello stesso nel momento successivo al reclutamento (Cass. SS.UU. Sentenza n. 17930/2013).

Al contrario, per il reclutamento del personale, le stesse non possono procedere con modalità privatistiche ma sono soggette all’obbligo del pubblico concorso, nonché al rispetto delle norme pubblicistiche relative ai requisiti necessari per l’accesso alle diverse qualifiche.

Per il conferimento di un incarico dirigenziale, in particolare, non è possibile prescindere dal possesso del requisito della laurea (articoli 28 e 19 del d.lgs. 162/2001).

Il possesso del titolo accademico non costituisce una mera formalità, ma una premessa necessaria per lo svolgimento delle proprie mansioni e un metro di valutazione della legittimità e della congruità della spesa pubblica (Corte dei conti, sez. giur. Campania, sentenza n. 175/2017; sez. giur. Toscana, sentenze n.622/2004 e n. 363/2011).

L’insussistenza della preparazione culturale data da una formazione di livello universitario rende, infatti, la prestazione lavorativa inadeguata rispetto alle esigenze dell’amministrazione e ingiustificata la relativa retribuzione, non correlata alla prestazione richiesta, con conseguente danno erariale.

Leggi la sentenza
CC Giur. Liguria sent. n. 92 -17


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