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Appalti: la centralizzazione non deve penalizzare le imprese di piccole e medie dimensioni


I soggetti aggregatori (tra cui Consip) sono tenuti a suddividere gli appalti in lotti funzionali in cui la concorrenza tra tutte le imprese del settore possa svolgersi pienamente, efficacemente e liberamente.

Questo il principio espresso dal Tar Lazio, Roma, con la sentenza n. 9441 del 30 agosto 2016, con la quale è stata annullata la gara indetta da Consip per l’affidamento dei servizi integrati di vigilanza presso i siti in uso, a qualunque titolo, alle pubbliche amministrazioni.

Nel caso di specie Consip, nel definire la parcellizzazione in lotti ed il loro valore a base d’asta con il conseguente requisito economico-finanziario, aveva scelto di suddividere l’appalto, riguardante l’intero territorio nazionale, in 13 lotti territoriali.

La documentazione di gara era stata sottoposta all’attenzione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che aveva dato una valutazione positiva della strategia di gara.

Di diverso avviso i giudici amministrativi nella sentenza in commento che hanno ritenuto tale scelta contraria al fondamentale principio di libera concorrenza, limitando in modo irragionevole la facoltà di presentazione individuale delle offerte alle sole imprese di una determinata scala ed implicando, in tal modo, l’espulsione dal mercato di tutte le altre.

In materia di contratti pubblici convivono spinte normative ispirate ad obiettivi diversi e anche antitetici tra loro, come accade, nella specie, tra la finalità di garantire la partecipazione delle PMI alle gare d’appalto, con conseguente loro suddivisione in lotti di importo limitato, e la finalità di garantire razionalizzazione e contenimento della spesa attraverso la centralizzazione e aggregazione delle gare medesime.

Tali obiettivi, in linea di massima, possono e devono essere perseguiti contemporaneamente, atteso che la massima partecipazione alla gara è funzionale alla realizzazione dell’interesse finanziario dell’amministrazione, nel senso che la procedura competitiva tra imprese costituisce la modalità più efficace per garantire la migliore spendita del denaro pubblico.

La compresenza della duplice esigenza volta alla tutela della concorrenza tra le imprese ed al buon uso del denaro della collettività è stata chiaramente delineata dalla giurisprudenza europea la quale, nel dichiarare che uno degli obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile e che è nell’interesse del diritto comunitario che venga garantita la più ampia partecipazione possibile di offerenti ad una gara d’appalto, ha aggiunto che siffatta apertura alla concorrenza è prevista non soltanto con riguardo all’interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, ma anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice che disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata.

Tale fondamentale principio riguarda a maggior ragione le centrali di committenza, considerata l’elevata incidenza che gli appalti dalla stessa affidati, per il loro valore e per l’estensione delle amministrazioni che se ne avvalgono, sono destinati ad avere sui relativi mercati.

Anche il soggetto aggregatore, in definitiva, deve consentire il funzionamento di un mercato in cui la facoltà di presentare offerte in forma singola sia concessa non solo ai player dello stesso, ma anche, per quanto possibile, alle imprese di medie e piccole dimensioni al fine di incentivare una concorrenza piena, con possibilità per ogni impresa di incrementare le proprie qualificazioni e la propria professionalità, e di trarre i potenziali benefici in termini di qualità di servizi resi e di prezzi corrisposti.


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