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Conflitto di interessi: alcune situazioni non sono sanabili con il solo dovere di astensione


Sussiste una ipotesi di conflitto di interessi in capo al dipendente pubblico nel caso in cui il coniuge operi nello stesso settore di attività ricoperto dal dipendente all’interno dell’ente.

Tale situazione di interferenza è di natura tale da influenzare l’esercizio indipendente, imparziale e obiettivo della funzione pubblica rivestita, non sanabile con il solo dovere di astensione previsto dal legislatore.

Questo quanto chiarito dall’Anac nella delibera n. 209 del 2 marzo 2016.

A seguito di una segnalazione era emerso che diversi appalti dell’ente in occasione dello svolgimento di manifestazioni ed eventi era stati affidati all’impresa individuale di cui era titolare il coniuge del responsabile P.O. del settore eventi culturali.

Il Responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente aveva negato la sussistenza di un conflitto di interessi in quanto tutti gli affidamenti erano stati conferiti mediante procedure Consip e MEPA e, soprattutto, perché il dipendente, non essendo un punto ordinante della piattaforma Consip, non avrebbe potuto “procedere ad affidare né tramite ordini diretti di acquisto né tramite procedura di richiesta di offerta di servizi o forniture”.

La legge anticorruzione (legge 190/2012) ha introdotto, nell’ambito della legge sul procedimento amministrativo (legge 241/1990), l’articolo 6-bis con cui è stato imposto l’obbligo di astensione del pubblico funzionario in caso di conflitto di interessi anche solo potenziale.

La ratio di tale obbligo va ricondotta al principio di imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa.

Il conflitto di interesse è la situazione in cui un interesse secondario personale interferisce o potrebbe interferire con l’interesse pubblico di chi amministra.

La materia risulta, altresì, disciplinata dagli artt. 3 e 7, comma 1, del d.p.r. 62/2013 e dalle indicazioni contenute nell’Allegato 1 del P.N.A.

La norma stabilisce, da un lato, l’obbligo di astensione ad adottare gli atti endoprocedimentali ed il provvedimento finale e, dall’altro, un dovere di segnalazione del conflitto al dirigente, tenuto a valutare il caso e a rispondere per iscritto al dipendente.

Qualora il conflitto riguardi il dirigente, a valutare le iniziative da assumere sarà il responsabile per la prevenzione.

Alla base della norma sul conflitto vi è il diritto degli amministrati a pretendere la correttezza dei pubblici dipendenti.

Il conflitto di interessi non è un comportamento (come la corruzione, nella quale la situazione di pericolo si è trasformata in un abuso di potere) ma una situazione, una serie di circostanze in presenza della quale vi è il rischio che interessi primari possano essere compromessi dal contrasto con interessi secondari (finanziari o non finanziari): si tratta, dunque, di situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l’imparzialità richiesta al dipendente pubblico nell’esercizio del potere decisionale.

Tali situazioni si verificano quando il dipendente pubblico (rup e titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale) è portatore di interessi della sua sfera privata, che potrebbero influenzare negativamente l’adempimento dei doveri istituzionali.

Peraltro il riferimento alla potenzialità del conflitto di interessi mostra la volontà del legislatore di impedire ab origine il verificarsi di situazioni di interferenza, rendendo assoluto il vincolo dell’astensione, a fronte di qualsiasi posizione che possa, anche in astratto, pregiudicare il principio di imparzialità.

L’obbligo di astensione, dunque, non ammette deroghe ed opera per il solo fatto che il dipendente pubblico risulti portatore di interessi personali che lo pongano in conflitto con quello generale affidato all’amministrazione di appartenenza.

Come evidenziato dall’Anac, in certe situazioni, la sola astensione non basta a sanare l’ipotesi di un conflitto di interessi.

E questo è il caso in cui il dipendente operi nello stesso settore di attività dell’impresa del coniuge.

L’Autorità ha quindi richiesto al Sindaco e al Responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente di porre rimedio a tale condizione.

In tal caso, essendo il conflitto generalizzato e permanente, al fine di eliminare il sospetto del venire meno dell’imparzialità amministrativa, tale situazione problematica potrebbe essere risolta attraverso l’assegnazione del dipendente ad altra Area e/o Settore.

 


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