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Piemonte, del. n. 5 – Le società consortili rientrano nella razionalizzazione delle partecipazioni


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla possibilità di poter acquisire una partecipazione nell’ambito di una società consortile a responsabilità limitata, il cui scopo sociale è quello di promuovere lo sviluppo sociale ed economico del territorio e che stante la produzione di servizi di natura generale a carattere non industriale o commerciale, priva di rilevanza economica in senso tecnico

I magistrati contabili del Piemonte, con la deliberazione 5/2016, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 3 febbraio, hanno evidenziato che l’attuale quadro normativo pone dei limiti alla costituzione degli organismi partecipati, sino a disporne l’alienazione, lo scioglimento o la razionalizzazione e/o ristrutturazione.

Nello specifico, la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014) impone alle amministrazioni pubbliche, tra cui in particolare gli enti locali, di procedere ad una complessiva revisione e riduzione delle partecipazioni nelle società, mediante l’approvazione di un piano di razionalizzazione delle partecipazioni.

Come evidenziato dai magistrati contabili, anche le società consortili rientrano nella razionalizzazione delle partecipazioni (a differenza del consorzio tra enti locali costituito ex art. 31 del d.lgs. 267/2000, come chiarito dalla sezione Veneto nella deliberazione n. 205/2015).

La razionalizzazione delle partecipazioni deve avvenire innanzitutto mediante l’eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione.

Tale previsione non costituisce una novità assoluta, atteso che riprende la disciplina posta dall’articolo 3, commi 27-28, della legge n. 244/2007, che vieta alle p.a. di costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ovvero assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.

Mentre la norma del 2007 si riferisce alle partecipazioni dirette, la disciplina della legge 190/2014 coinvolge sia le partecipazioni dirette che quelle indirette.

Pertanto, fermo restando il divieto di mantenere società non coerenti con le proprie finalità istituzionali (principio della funzionalizzazione), il legislatore ha imposto alle p.a. la dismissione di quelle società che, pur coerenti con i fini istituzionali dell’ente, non sono indispensabili al loro perseguimento.

E’ quindi evidente che la prima valutazione che un ente deve compiere è quella attinente la coerenza della partecipazione detenuta: solo dopo aver effettuato questa valutazione l’Ente dovrà procederà a verificare l’indispensabilità della partecipazione per il conseguimento di quei fini.

La normativa del 2014 si riferisce espressamente al mantenimento delle partecipazioni di cui è già titolare l’ente.

Come evidenziato dai magistrati contabili, nonostante l’acquisizione di nuove partecipazioni non sia in assoluto vietata, è evidente come una tale scelta “si ponga quale fenomeno evidentemente derogatorio di quello che dovrebbe essere la linea d’azione generale delle pubbliche amministrazioni secondo le intenzioni del legislatore”.

In vista dei decreti attuativi della legge di riforma Madia (legge 124/2015), da cui si prevedono rilevanti novità in merito al processo di riorganizzazione e riduzione delle partecipate locali (società e partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute), si segnala il seminario di studi “Partecipate: cosa cambia col Decreto di Riforma Madia” in programma a Firenze il 18 febbraio 2016.

Leggi la deliberazione
CC Sez. Controllo Piemonte del. n. 5-16

 

 


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