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Giur. Appello, sent. n. 413 – Responsabilità erariale per illecito conferimento incarico esterno


L’inutile conferimento di un incarico esterno, con dispendio di risorse finanziarie pubbliche e in assenza del preliminare accertamento dell’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane interne dell’amministrazione, è fonte di responsabilità erariale.

Questo il principio affermato dalla Corte dei Conti, sez. appello, nella sentenza n. 413 depositata il 1° luglio 2015.

La pronuncia in esame è significativa e il principio risultante dalla sentenza è di interesse in relazione all’ordinaria operatività delle amministrazioni locali.

Al fine di meglio comprendere tutti gli aspetti della fattispecie è utile richiamare anche il contenuto della sentenza di primo grado, resa dalla sez. giurisdizionale della Toscana in data 5 agosto 2014 (n. 138/2014).

In sostanza, un ente locale aveva incaricato un consulente per l’assistenza alla predisposizione delle controdeduzioni ai rilievi in materia di personale formulati in sede ispettiva dal MEF.

Atteso che il contributo professionale apportato dall’incarico esterno non era stato di particolare rilevanza, considerato che le dette controdeduzioni comunali o si erano limitate a riconoscere la fondatezza dei rilevi formulati dall’Ispettore ovvero, nel caso di divergenze, si erano proposte ricostruzioni e soluzioni palesemente non in linea con la normativa in materia, la procura contabile aveva contestato l’illegittimità del conferimento e la sussistenza di una spesa non dovuta e, come tale, un danno erariale.

Il dirigente convenuto aveva affermato che, in realtà, non si era trattato di un incarico di consulenza ma, in relazione alla particolare capacità ed esperienza del soggetto incaricato, si era trattato di un incarico avente ad oggetto un percorso formativo al personale, ai fini della ricostruzione dei fondi di alimentazione del salario accessorio, viste le straordinarie modifiche normative pervenute nel corso dell’ultimo decennio.

Tale tesi è stata respinta in base all’osservazione che, anche per l’interpretazione degli atti amministrativi, così come per i contratti, il criterio ermeneutico preminente è quello relativo all’elemento letterale.

In particolare il giudice, al fine di ricostruire l’effettiva volontà dell’amministrazione, ed il potere che essa ha inteso esercitare, è tenuto ad una cd. interpretazione sistematica del contenuto complessivo dell’atto, tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo.

Nel caso di specie la delibera, oltre a esplicitare chiaramente l’intento dell’amministrazione di avvalersi della “esperienza professionale dell’avv.to ….., esperto legale, in materia di gestione giuridico economica del personale e organizzazione pubblica e consulente ….”, definiva espressamente la prestazione quale “servizio legale previsto nell’allegato II B del d.lgs. 163/2006”, impegnando la somma relativa al compenso “al cap. 210 Spese per liti, arbitraggi, e risarcimenti”.

Pertanto, tenuto conto del dispositivo del provvedimento, era emerso in maniera evidente la volontà di conferire un incarico di consulenza legale.

In materia di incarichi, la giurisprudenza contabile ha stabilito principi e criteri direttivi, veri e propri “paletti” volti da un canto ad evitare l’utilizzo superfluo di incarichi esterni (con dispendio inutile di risorse finanziarie pubbliche) e dall’altro a valorizzare le professionalità esistenti all’interno delle Pubbliche Amministrazioni.

I principi elaborati sono stati riepilogati in una recente decisione della Sez. I Centr. 11 marzo 2014 n. 389 in siffatto modo:

a) il conferimento dell’incarico deve essere legato a problemi che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze;

b) l’incarico deve caratterizzarsi in quanto non implicante lo svolgimento di attività continuativa, ma anzi la soluzione di specifiche problematiche già individuate al momento del conferimento dell’incarico del quale debbono costituire l’oggetto;

c) l’incarico deve presentare le caratteristiche della specificità e temporaneità;

d) l’incarico non deve rappresentare uno strumento per ampliare fittiziamente compiti istituzionali e ruoli organici dell’ente;

e) il compenso connesso all’incarico deve essere proporzionale all’attività svolta e non liquidato in maniera forfettaria;

f) la delibera di conferimento deve essere adeguatamente motivata;

g) l’incarico non deve essere generico od indeterminato;

h) i criteri di conferimento non devono essere generici.

Tali principi, fatti propri dallo stesso legislatore con l’articolo 7, comma 6 del d.lgs. 165/2001, sono in grado di orientare utilmente l’interprete e l’operatore, pur nella varietà e complessità delle situazioni concrete.

Leggi la sentenza

CC Sez. I Giur. Centrale App. Sent. n. 413_2015


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