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Anac: non può partecipare alla gara l’ex dipendente della stazione appaltante


Sono legittime le clausole inserite nei contratti di lavori, servizi e forniture che richiedono al legale rappresentante dell’impresa un’attestazione circa l’inesistenza di relazioni di parentela o affinità coi dirigenti e dipendenti della p.a. e l’inesistenza di situazioni di pantouflage (divieto per i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle p.a., di svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della p.a. svolta attraverso i medesimi poteri).

La legge 190/2012 prevede che in tale ultimo caso i contratti conclusi e gli incarichi conferiti sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le p.a. per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.

L’Anac, col parere datato 18 febbraio 2015, rif. AG/08/2015/AC e pubblicato in questi giorni sul proprio sito internet, ha risposto ad un quesito formulato dall’Avvocatura Generale dello Stato in ordine all’interpretazione e alle modalità di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione nei rapporti tra l’amministrazione e i soggetti con la quale la stessa stipula contratti.

L’articolo 1, comma 9, lett. e) della legge 190/2012 sancisce che il Piano triennale di prevenzione della corruzione risponde, fra le varie esigente, anche a quella di “monitorare i rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e dipendenti dell’amministrazione”.

Analogo principio è desumibile dall’articolo 6 del d.p.r. 62/2013 (Codice di Comportamento) che prevede, da una parte, che il dipendente, all’atto di assegnazione all’ufficio, informi il dirigente di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualsiasi modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni e, dall’altra, il dovere di astensione del dipendente dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di convivente, di parenti, di affini entro il secondo grado.

A supporto dell’effettività delle citate norme in tema di conflitto di interesse, l’Avvocatura ha previsto, nel proprio piano, l’inserimento, in ogni contratto, della dichiarazione dell’operatore economico attestante l’assenza di situazioni di parentela e affinità con funzionari o dipendenti dell’Avvocatura dello Stato e di quanto vietato dall’articolo 53, comma 16 ter del d.lgs. 165/2001 (di ipotesi di pantouflage, appunto).

L’Autorità ha chiarito che tali clausole sono legittime, in quanto finalizzate ad attuare fondamentali principi contenuti nella legge anticorruzione.

Con riferimento al divieto di pantouflage, che preclude ai dipendenti della p.a. di avere rapporti professionali con i privati destinatari dell’esercizio delle loro funzioni, nei tre anni successivi alla conclusione del rapporto di lavoro con la p.a. appaltante, l’Anac ha ribadito che tale specifica previsione ostativa è espressamente prevista nel bando-tipo 2/2014.

Il bando tipo, adottato dall’Autorità, costituisce un modello di riferimento che le stazioni appaltanti sono obbligate a rispettare, potendo discostarsene esclusivamente in presenza di una motivata deroga.

Le stazioni appaltanti quindi devono prevedere nella lex specialis, tra le condizioni ostative alla partecipazione, il divieto di cui all’art. 53, comma 16-ter, del d.lgs. 165/2001.

La norma, con finalità di prevenzione, mira a ridurre il rischio di situazioni di corruzione connesse all’impiego del dipendente successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro con la p.a. appaltante.

La norma infatti intende evitare che, durante il periodo di servizio, il dipendente possa precostituirsi delle situazioni lavorative vantaggiose sfruttando la sua posizione e il suo potere all’interno dell’amministrazione per ottenere un lavoro presso il soggetto privato in cui entra in contatto.

 


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