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Illegittima l’ordinanza per imporre l’esecuzione del contratto


L’ordinanza contingibile e urgente non può essere adottata per imporre al contraente l’esecuzione di un’obbligazione contrattuale.

Questo il principio espresso dal Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, con la sentenza n. 1965 del 25 novembre 2014.

Nel caso di specie la società fornitrice di energia elettrica, attesa la rilevante morosità del comune nell’adempimento del proprio obbligo di pagamento del corrispettivo pattuito, aveva comunicato all’ente moroso la sospensione della fornitura per i punti di prelievo “disalimentabili”.

Il Sindaco, di conseguenza, aveva adottato un’ordinanza con la quale non solo aveva intimato alla società di riprendere immediatamente la fornitura delle utenze staccate, ma aveva anche vietato di procedere per il futuro ad ulteriori sospensioni della fornitura, a salvaguardia della sicurezza e incolumità collettiva e dell’ordine pubblico.

Come evidenziato dai giudici amministrativi, “tutto ciò esorbita in modo grave dalla configurazione del potere sindacale d’ordinanza previsto dall’art. 54, quarto comma, d.lgs. 267/2000”.

Il potere d’ordinanza previsto dalla legge è condizionato dall’esistenza dei presupposti di pericolo per l’igiene, la sanità o l’incolumità pubblica, pericolo che deve essere peraltro dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell’imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato.

L’ordinanza, inoltre, deve rispettare un ulteriore carattere essenziale, rappresentato dalla temporaneità, ovvero deve essere diretta a fronteggiare una situazione di pericolo per un periodo di tempo limitato e transitorio, fino all’adozione delle misure definitive previste dall’ordinamento.

Il potere d’ordinanza non può essere esercitato per evitare l’adempimento di una obbligazione contrattuale, né tanto meno per rendere inefficaci gli strumenti riconosciuti dal codice civile al creditore per evitare l’aggravamento dell’inadempimento da parte dell’amministrazione debitrice.

In materia di contratti di fornitura di energia elettrica rivolti a clienti finali che svolgono attività di rilievo pubblico, il quadro normativo vigente prevede procedure specifiche che, in applicazione del generale principio di corrispettività che ispira gli artt. 1460 e 1595 c.c., tengano conto del bilanciamento tra l’esigenza di tutela del credito delle società contraenti (cd. “rischio di morosità”) e l’esigenza pubblica eventualmente connessa alla fornitura di energia elettrica per tale categoria di “clienti finali”.

Nello specifico, la delibera dell’Autorità per Energia Elettrica e il Gas n. 4/2008 (avente natura regolamentare), non solo ha stabilito i termini perentori per la “messa in mora” dell’ente moroso e la successiva sospensione di fornitura, ma soprattutto ha individuato, demandando ai distributori locali la specifica indicazione dei POD, i cd. POD non disalimentabili, ovvero i punti di prelievo che, in considerazione di fondamentali interessi pubblici, comunque non possono essere “disalimentati” anche in caso di morosità dell’amministrazione cliente (si pensi a ospedali, vigili del fuoco, carceri).

In sostanza, l’ordinanza non può essere utilizzata per impedire al contraente di azionare i rimedi di legge tesi ad interrompere la somministrazione di energia elettrica per POD “disalimentabili”, a fronte di un inadempimento contrattuale imputabile al comune medesimo.

 


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