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Veneto, deliberazione n. 816 – Divieto assegno ad personam nel caso di rientro nei ruoli


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta interpretazione dei commi 458 e 459 dell’articolo 1 della legge di stabilità per l’anno 2014, che hanno introdotto per le p.a. il divieto di attribuire l’assegno ad personam al dipendente passato di ruolo o di carriera, ed, in particolare, sulla possibilità, in forza di tale divieto, di cessare l’erogazione dell’assegno per i dipendenti che attualmente ne beneficiano.

I magistrati contabili del Veneto, con la deliberazione 816/2014, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 18 novembre, hanno evidenziato che il comma 459 prevede l’adeguamento da parte delle amministrazioni interessate, a partire dal 1° gennaio 2014, attraverso (evidentemente) la cessazione, da tale data, della erogazione dell’assegno in favore dei dipendenti che ne usufruiscono, limitatamente alla fattispecie contemplata dal secondo periodo del comma 458, ossia quella del dipendente rientrato nell’ente di appartenenza dopo aver ricoperto un ruolo od un incarico all’esterno (cui spetta “un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità”).

Tale disposizione, secondo i magistrati contabili, si applica esclusivamente ai dipendenti che rientrano nei ruoli dopo aver svolto un incarico temporaneo.

Al contrario, la disposizione non trova applicazione relativamente ai dipendenti che siano passati di ruolo o abbiano subito un mutamento di carriera – in altri termini, che siano transitati in una categoria o ruolo superiori – sempre che, ovviamente, abbiano acquisito il relativo diritto prima della entrata in vigore della legge.

In tal caso, mancando una specifica disposizione analoga a quella prevista per il rientro nei ruoli, sino all’intervento della contrattazione collettiva di comparto che disponga sul “riassorbimento” dell’indennità ad personam, quest’ultimo non dovrebbe ritenersi operante.

Infine, come evidenziato dai magistrati contabili, la normativa abrogata (artt. 202 T.U. 3/1957 e 3, commi 57 e 59 L. n. 537/93), per giurisprudenza pressoché costante, è applicabile esclusivamente ai dipendenti statali, in relazione ai “casi di passaggio di carriera presso la stessa amministrazione statale o anche diversa amministrazione, purché statale, e non (anche) i passaggi nell’ambito di un’amministrazione non statale, ovvero tra diverse amministrazioni non statali, o da una di esse allo Stato e viceversa” (da ultimo, C.d.S., sez. V, n. 112/2013).

Ne consegue l’irrilevanza, nei confronti dei dipendenti di altri comparti, compreso quello “Regioni-Autonomie Locali”, anche se transitati per mobilità dal settore statale, dell’abrogazione disposta dalla Legge di stabilità per il 2014.

Ai dipendenti degli enti locali, in base all’articolo 30, comma 2 quienquies, del d.lgs. 165/2001, nei casi di mobilità e “salvo diversa previsione”, dovrebbe competere esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione (di destinazione).

E’ escluso, quindi, il riconoscimento di assegni destinati a colmare la differenza tra il trattamento goduto e quello acquisito per effetto del trasferimento.

La contrattazione collettiva del comparto (e, precisamente, l’art. 28, comma 5, del CCNL del 5 ottobre 2001), inoltre, nei casi di trasferimento, laddove “l’importo complessivo del trattamento in godimento presso l’amministrazione o l’ente di provenienza sia superiore a quello derivante dal nuovo inquadramento presso l’ente di destinazione”, prevede che “l’eventuale differenza” venga conservata “a titolo di retribuzione individuale di anzianità”.

In tale disposizione potrebbe rinvenirsi proprio la “diversa previsione” fatta salva dal comma 2 quinquies dell’articolo 30 del d.lgs. 165/2001.

 


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