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Veneto, deliberazione n. 663 – Beni gravati da usi civici


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla possibilità di investire in titoli di Stato i fondi derivanti dalla liquidazione di diritti di uso civico che, a norma, dell’articolo 24 della legge 1766/1927, devono essere investiti “in titoli del debito pubblico intestati al Comune (….) per essere destinato in caso di bisogno, ad opere permanenti di interesse generale della popolazione”.

I magistrati contabili del Veneto, con la deliberazione 633/2014, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 15 ottobre, hanno ricordato che la normativa fondamentale in materia di usi civici (diritti perpetui spettanti ai membri di una collettività come tali, su beni appartenenti al demanio, o a un comune, o a un privato ovvero diritti d’uso che spettano a coloro che compongono una determinata collettività; diritti inalienabili e imprescrittibili e non soggetti a commercio) è contenuta nella legge 1766/1927 e nel suo regolamento di attuazione.

Non si applica, dunque, la più recente disposizione normativa contenuta nell’articolo 35, commi 8 e seguenti del d.l. 1/2012 che ha sospeso dal 24 gennaio 2012 fino al 31 dicembre 2014 il regime di tesoreria unica “mista”, di cui al d.lgs. 279/1997, ripristinando per gli enti assoggettati a tale regime il sistema di tesoreria unica “pura”, di cui all’articolo 1 della legge 720/1984, con esclusione delle disponibilità derivanti da mutui e prestiti non garantiti da organismi pubblici.

Alla luce della legge 1766/1927 la liquidazione avviene mediante assegnazione (totale o parziale) di un fondo gravato di usi civici ai comuni o alle associazioni, o mediante concessione di enfiteusi sul fondo (se coltivabile), a favore dei coltivatori meno abbienti del comune.

In particolare, l’art. 24, comma 1, della richiamata legge stabilisce, che il capitale di affrancazione dei canoni relativi alle legittimazioni delle occupazioni dei terreni gravati da usi civici debba essere investito in titoli del debito pubblico intestati al Comune, con vincolo a favore del Ministero dell’economia nazionale (ora delle Politiche Agricole e Forestali), per essere destinato, in caso di bisogno, ad opere permanenti di interesse generale della popolazione. Analoga “destinazione” prevede il comma secondo dello stesso articolo 24, in riferimento al prezzo derivante in questo caso dalla vendita dei terreni gravati da usi civici dichiarati alienabili a norma dell’art. 12 della stessa legge.

La norma, quindi, non solo stabilisce uno specifico vincolo di destinazione delle entrate de quibus alla realizzazione di opere permanenti in favore della collettività, ma dispone anche espressamente che il capitale in tal modo introitato deve essere investito in titoli del debito pubblico intestati al Comune, con vincolo a favore del Ministero competente.

Tali somme (che, si ricorda, derivano dalla capitalizzazione dei canoni di affranco corrisposti a fronte della legittimazione all’utilizzo particolare di demanio gravato da usi civici ex artt. 9 e 10 della legge n. 1766/1927) sostanzialmente rappresentano il corrispettivo del consolidamento della proprietà del bene in capo al privato possessore e costituiscono entrate a destinazione vincolata che devono, per ciò solo, essere utilizzate esclusivamente per la valorizzazione del residuo demanio civico o, comunque, per opere di interesse generale (in accordo con il competente ufficio della Regione, cui sono state trasferite le funzioni in materia di usi civici ex d.p.r. 11/1972 e d.p.r. 616/1977).

 


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