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Riposi giornalieri anche al padre, se la madre è casalinga


E’ legittimo il riconoscimento della domanda di fruizione di permessi giornalieri ex art 40 del d.lgs. 151/2001 in favore del padre lavoratore in presenza di madre lavoratrice casalinga.

E’ questo il principio affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4608 del 395 del 10 settembre 2014.

La questione giuridica posta all’esame del giudice amministrativo riguarda l’interpretazione e l’applicazione dell’articolo 40 comma 1 lettera c) del d.lgs. 151/2001, ai sensi del quale i periodi di riposo giornalieri previsti dall’articolo 39, a favore della madre durante il primo anno di vita del bambino, sono riconosciuti al padre lavoratore nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente.

Sulla questione la giurisprudenza e la prassi hanno manifestato orientamenti diversi.

Il collegio si è espresso a favore della tesi estensiva che tende a ricomprendere fra le ipotesi per cui “la madre non sia lavoratrice dipendente” anche la possibilità della madre lavoratrice casalinga, con conseguente riconoscimento, anche in tal caso, dei permessi al padre lavoratore (Cons. Stato sez. VI, sentenze 4293/2008 e 2737/2002, Cassazione, sez. III, sentenza 20324/2005).

Secondo tale orientamento, trattandosi di una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità, in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale fissate dall’articolo 31 della Costituzione, non può che valorizzarsi, nella sua interpretazione, la ratio della stessa, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività, come quella di “casalinga”, che la distolgano dalla cura del neonato.

L’opposto orientamento espresso dal Consiglio di Stato, in sede consultiva, secondo cui non può esservi assimilazione tra la lavoratrice non dipendente e la lavoratrice casalinga (Consiglio di Stato, sezione I, parere 2732/2009) non è condivisibile, innanzitutto, sul piano della formulazione letterale della norma, secondo la quale il beneficio spetta al padre, “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”, poiché ad avviso del collegio include tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente: dunque quella della donna che svolga attività lavorativa autonoma, ma anche quella di una donna che non svolga alcuna attività lavorativa o comunque svolga un’attività non retribuita da terzi (se a quest’ultimo caso si vuol ricondurre la figura della casalinga).

Altresì non condivisibile, ad avviso del collegio, è l’assunto secondo cui “la considerazione dell’attività domestica, come vera e propria attività lavorativa prestata a favore del nucleo familiare, non esclude, ma al contrario, comprende, come è esperienza consolidata, anche le cure parentali”(così il citato parere del C.d.S), poiché esso rende vana l’innegabile circostanza, che costituisce il fondamento dell’istituto dei permessi giornalieri, dell’estrema difficoltà di cura della prole da parte anche della madre casalinga, con specifico riferimento alle complesse esigenze di accudimento dei figli nel primo anno di vita, nel corso del quale spettano i permessi in questione.

In proposito, recentemente il Tar Friuli Venezia Giulia con la sentenza n. 395/2014 ha precisato che la tutela del minore è pienamente garantita dalla madre casalinga, salvo casi particolari in cui la stessa non sia in grado di fornire piena assistenza al minore.

In tali casi la possibilità di fruizione di tali permessi da parte del padre lavoratore deve essere dimostrata dalla presenza di determinate condizioni, opportunamente documentate (ad esempio, accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi o cure mediche), che attestino l’impossibilità per la madre casalinga di aver cura del neonato (Inpdap nota operativa 23/2011).

Secondo tale recente orientamento “l’eguaglianza tra i coniugi prevale qualora la loro situazione lavorativa sia analoga, in quanto tutti e due lavoratori dipendenti, al contrario nel caso di lavoro casalingo questo consente una maggiore elasticità di gestione impossibile nel lavoro dipendente, in modo da poter garantire al minore, che è il soggetto tutelato in via prioritaria dalla norma, una congrua e adeguata assistenza”.

Al contrario, secondo il Collegio, proprio perché i compiti esercitati dalla casalinga risultano di maggiore ampiezza, intensità e responsabilità rispetto a quelli espletati da un prestatore d’opera dipendente (Cassazione, Sezione III, sentenze 22909/2012, 16896/2010 e 17977/2007) è del tutto incongruo dedurne l’oggettiva possibilità, nel caso della lavoratrice casalinga, di conciliare la delicate e impegnative attività di cura del figlio con le mansioni del lavoro domestico laddove, invece, è dato di comune esperienza che l’attività dalla stessa esercitata in ambito familiare spesso necessita, alla nascita di un figlio, di aiuti esterni ( collaboratore familiare e/o baby-sitter ), utilmente sostituibili, nel caso delle famiglie mono-reddito, proprio mediante ricorso al godimento dei permessi di cui all’articolo 40 citato da parte dell’altro genitore lavoratore dipendente.

In conclusione, la ratio normativa incentrata sulla tutela del minore impone, invero, di ritenere che il beneficio, di cui uno dei due genitori può fruire, costituisca il punto di bilanciamento tra gli obblighi del lavoratore nei confronti del datore di lavoro (con riferimento al rispetto dell’orario di servizio) e gli obblighi discendenti dal diritto di famiglia paritario, che gli impone comunque la cura del minore pure in presenza dell’altro genitore eventualmente non lavoratore (T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, sentenza 332/2012 ).

Tale beneficio sostanzialmente grava sul datore di lavoro dell’uno o dell’altro genitore ma qualora uno dei due genitori per una ragione qualsiasi non se ne avvalga (perché “non lavoratore dipendente” e dunque anche non lavoratore “tout court” ), ben può essere richiesto e fruito dall’altro.

Si ricorda che le problematiche inerenti la gestione del personale saranno approfondite nel seminario “Riforma PA: opportunità e vincoli” in programma a Firenze il 18 settembre 2014.

 


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