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Responsabile anche il dirigente se un dipendente esce senza timbrare


Il dipendente che esce senza timbrare deve rimborsare l’ente per i compensi illecitamente percepiti e per la lesione all’immagine della p.a., ma commette danno anche il dirigente, in quanto non ne ha controllato l’operato.

Questo il principio sancito dalla Corte dei Conti sezione giurisdizionale della Toscana che, con la sentenza n. 139 depositata il 6 agosto 2014, ha condannato un dipendente che aveva svolto l’attività di istruttore di tennis in giorni e fasce orarie in cui risultava in servizio e il dirigente, che aveva applicato la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso e avviato il procedimento volto a chiedere la restituzione dei compensi indebitamente percepiti.

La Corte dei Conti ha ritenuto la condotta del dirigente non sufficiente, ritenendolo responsabile per non aver adeguatamente attivato i controlli interni volti ad impedire l’illecita costante abitudine del dipendente.

Secondo i magistrati contabili toscani il dirigente non ha impedito, omettendo i dovuti controlli, il comportamento delittuoso del dipendente, tenuto anche conto che questi era solito presentarsi in ufficio in tenuta ginnica, che i due lavoravano nello stesso edificio e che i comportamenti poco ortodossi erano più che frequenti.

Secondo la Corte infatti il dirigente “ha evidenziato una totale assenza di diligenza e rilevante superficialità e trascuratezza”.

Nel caso di specie, un dipendente di un’Agenza regionale aveva svolto l’attività di istruttore di tennis presso un circolo sportivo in giorno e fasce orarie in cui risultava in servizio, e per 53 volte si era assentato ingiustificatamente dal servizio.

Per questo il dipendete era stato condannato alla reclusione e a seguito di tale condanna il dirigente responsabile irrogava al dipendente la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso, ed avviava il procedimento volto a chiedere al dipendente la restituzione dei compensi percepiti in violazione dell’art. 53 del d.lgs. 165/2001.

La procura contabile, ritenuti sussistenti gli elementi fondanti la responsabilità amministrativa, aveva contestato al dipendente un danno patrimoniale diretto correlato all’indebita percezione di emolumenti in assenza della relativa prestazione lavorativa e un danno all’immagine arrecato all’Amministrazione pubblica che, ai sensi dell’art. 55 – quinquies, comma 2, del d.lgs. 165/2001 introdotto dall’art. 69 del d.lgs. 150/2009.

Inoltre, i magistrati contabili avevano chiamato in giudizio anche il dirigente, ritenuto responsabile per non aver adeguatamente attivato i controlli interni volti ad impedire l’illecita costante abitudine del dipendente, e quindi ritenuto responsabile in modo concorrente, per omessa vigilanza, dell’osservanza degli obblighi di servizio del dipendente che, in pratica aveva “posto in essere in maniera indisturbata la propria illecita condotta”.

La Corte dei Conti ha ritenuto il dirigente responsabile per non aver impedito, omettendo i dovuti controlli interni, il comportamento delittuoso del dipendente.

Nel suo comportamento il dirigente “ha evidenziato una totale assenza di diligenza, e rilevante superficialità e trascuratezza (…) ed il grado di esigibilità della condotta canonizzata dalla normativa nella concreta gestione integra, nella specie, l’elemento soggettivo minimo (colpa grave) previsto dalla struttura della responsabilità amministrativa in termini anche sulla inescusabile leggerezza”.

Infine, la Corte ha chiarito che in tema di danno all’immagine “l’immagine ed il prestigio della Pubblica Amministrazione sono beni – valori coessenziali all’esercizio delle pubbliche funzioni, e che il danno all’immagine dell’Amministrazione consiste in un pregiudizio che, pur se non integra una diminuzione patrimoniale diretta, è comunque suscettibile di valutazione patrimoniale, in quanto dal comportamento del convenuto è derivata la lesione di un bene giuridicamente rilevante”.

A fronte dell’intervenuta lesione dell’immagine pubblica, negli amministrati, o se si vuole nello Stato Comunità, si incrinano quei naturali sentimenti di affidamento e di “appartenenza” alle istituzioni che giustifica la stessa collocazione dello Stato apparato e degli altri enti.

Il recupero dell’immagine pubblica è essenziale per l’esistenza stessa della Pubblica Amministrazione e impongono di intervenire per ridurre, in via preventiva, ed eliminare, in via successiva, i danni conseguenti alla lesione della sua dignità e del suo prestigio, danni che sono ascrivibili alla categoria del danno patrimoniale.

 


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