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Avcp: chiarimenti su accordi di collaborazione e appalti di servizi


Gli accordi di collaborazione, sottoscritti tra enti pubblici ai sensi dell’articolo 15 della legge 2541/1990, hanno la finalità di consentire la gestione congiunta di compiti e attività istituzionali cui le stesse amministrazioni sono preposte.

Pertanto, non è legittima la previsione in tale accordi dell’erogazione di un corrispettivo da un ente all’altro, ma solo il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione delle attività svolte.

Questo il chiarimento fornito dall’Avcp, nel parere n. 20 del 23 aprile 2014, con il quale ha risposto ad un comune che aveva chiesto un parere in merito alla possibilità di concludere con Anci Lombardia un accordo di collaborazione, ex articolo 15 della legge 241/1990, per il servizio di assistenza ad una procedura di gara.

L’Autorità ha preliminarmente chiarito che l’accordo di cooperazione ex articolo 15 della legge 241/1990 è un istituto che formalizza il rapporto tra p.a., che regolamentano così lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

Tale istituto rientra tra le forme di partenariato pubblico pubblico (PPP) e tra quelle relazioni tra enti pubblici che, nella misura in cui esse possono essere identificate come prestazioni o scambi di servizi, sono escluse dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici.

Analogamente a quanto è affermato per gli affidamenti in house è principio pacifico che le amministrazioni possano adempiere ai propri compiti attraverso moduli organizzativi alternativi all’affidamento mediante ricorso al mercato (Cfr. Corte di giustizia CE, 13 novembre 2008, causa C-324/07, Coditel Brabant).

La comunione di interessi, che è alla base degli accordi di collaborazione tra amministrazioni, “rende inapplicabili, per la conclusione degli accordi stessi, le regole del diritto dell’Unione in materia di evidenza pubblica, di cui detta conclusione non può considerarsi in alcun modo elusiva” (Consiglio di Stato, III, sent. 6014/2013).

L’Autorità ha precisato che tali accordi sono legittimi a condizione che:

• lo scopo dell’accordo sia rivolto a realizzare un interesse pubblico, effettivamente comune ai partecipanti, che hanno l’obbligo di perseguirlo come compito principale, da valutarsi alla luce delle finalità istituzionali degli enti coinvolti;

• alla base dell’accordo vi sia una reale divisione di compiti e responsabilità;

• non vi sia il pagamento di un corrispettivo per i servizi resi, fatti salvi i rimborsi dei costi sostenuti per l’esecuzione delle attività oggetto dell’accordo;

• il ricorso all’accordo non interferisca con la libera circolazione dei servizi e, dunque, l’accordo collaborativo non si presti come elusione delle norme sulla concorrenza in tema di appalti pubblici.

E’ di particolare importanza il requisito dell’“interesse comune”, da valutarsi secondo un criterio di effettività alla luce di un’attenta valutazione del caso concreto.

In altri termini, deve sussistere un’effettiva condivisione di compiti e di responsabilità, ben diversa dalla situazione che si avrebbe in presenza di un contratto a titolo oneroso, in cui solo una parte svolge la prestazione pattuita, mentre l’altra assume l’impegno della remunerazione.

Attraverso l’accordo di collaborazione “le pubbliche amministrazioni coordinano l’esercizio di funzioni proprie in vista del conseguimento di un risultato comune in modo complementare e sinergico, ossia in forma di reciproca collaborazione e nell’obiettivo comune di fornire servizi indistintamente a favore della collettività e gratuitamente”, con la conseguenza che pare difficile sostenere l’applicabilità dello schema della collaborazione “nel caso in cui un ente si procuri il bene di cui necessita per il conseguimento degli obiettivi assegnati a fronte del pagamento del rispettivo prezzo” (AVCP, Determinazione 7/2010).

Dal punto di vista economico-finanziario, contrariamente ad un normale appalto pubblico in cui solo una parte svolge la prestazione pattuita, mentre l’altra assume l’impegno della remunerazione, gli accordi costituiscono una modalità di condivisione del costo di un’attività amministrativa svolta, da ciascuno degli enti partecipanti, al fine di perseguire le funzioni a cui sono preposti.

 


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