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Il Comune non può costituire una fondazione per reperire risorse finanziarie


Non è legittima la costituzione di una fondazione da parte di un comune per il reperimento e la gestione di risorse per attivazione di interventi nel campo della cultura, della solidarietà sociale e del turismo.

Tale “scopo” è qualificabile come attività di raccolta e di gestione di provvista finanziaria per la realizzazione di politiche di carattere sociale, di diretto interesse comunale e, pertanto, l’acquisizione di tali risorse attraverso la fondazione è al di fuori delle garanzie e delle procedure prescritte dall’ordinamento, in quanto fattispecie gestionale di carattere atipico.

Questo il principio sancito dalla Corte dei Conti, sezione controllo della Sardegna, che con la deliberazione n. 19/2014 , ha risposto negativamente a un comune che aveva chiesto se era legittimo costituire una fondazione per la raccolta di risorse finanziarie (consistenti in liberalità, donazioni e similari da parte di enti e privati cittadini), per la loro successiva gestione/destinazione da parte della stessa fondazione in favore di specifici eventi culturali e di solidarietà sociale nel territorio del comune.

I magistrati contabili della Sardegna hanno preliminarmente ricordato che la fondazione, disciplinata dagli articoli 14 e ss. del codice civile, si configura come ente avente personalità giuridica di diritto privato, che non persegue scopi di lucro, ma può essere costituita per il perseguimento di fini educativi, culturali, religiosi, sociali o di altri scopi di pubblica utilità.

La fondazione, pertanto, si caratterizza per la non lucratività dello scopo sociale e implica l’assenza di distribuzione di utili.

La Corte ha precisato che anche le fondazioni, costituite dagli enti locali, in quanto alimentate da apporti patrimoniali di provenienza pubblica, unitamente a tutti gli altri organismi partecipati dagli enti locali, “concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, perseguendo la sana gestione dei servizi secondo criteri di economicità e di efficienza”, interpretando in maniera estensiva la disciplina contenuta nell’articolo 1, comma 553, della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014).

Secondo la Corte dei Conti della Sardegna, infatti, le norme che impongono vincoli agli organismi partecipati dagli enti locali “si devono intendere estensivamente e ricomprendono qualsiasi organismo, comunque denominato, dotato di personalità giuridica, non strettamente societario, ma caratterizzato dalla dominanza pubblica”.

Pertanto, secondo i magistrati contabili, di volta in volta deve essere verificato se l’organismo è legato, fin dalla costituzione o in sede organizzativo-finanziaria, con l’ente locale e con il suo bilancio.

Laddove tali indici siano verificati, tali organismi devono intendersi assoggettati alle norme che richiamano limiti di spesa e assunzionali per le società partecipate.

Inoltre, l’articolo 3 comma 27 della legge 244/2007, stabilisce il presupposto fondamentale secondo cui non possono essere conservati o costituiti organismi partecipati dagli enti locali aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza.

Lo scopo istitutivo previsto dal comune per la fondazione, consistendo in sostanza di un’attività di raccolta e di gestione di provvista finanziaria per la realizzazione di politiche di carattere sociale, di diretto interesse comunale, può essere realizzato soltanto dall’ente direttamente.

Considerato infatti che la fondazione è un organismo strumentale del comune, questa acquisirebbe entrate al di fuori delle garanzie e delle procedure prescritte dall’ordinamento, in quanto fattispecie gestionale di carattere atipico.

Gli organismi che è consentito di costituire (o conservare) sono solo quelli il cui scopo o attività assicuri aderenza/coincidenza con le finalità istituzionali del comune.

Le acquisizione di eventuali liberalità/donazioni di carattere finanziario o patrimoniale provenienti da terzi (enti o cittadini) “integrano fattispecie di entrate da ricondurre ai moduli procedimentali prescritti a garanzia dell’erario e devono essere assunte direttamente dal comune, a mezzo delle attività intestate ai suoi organi amministrativi, secondo le rispettive competenze e responsabilità, già delineate dall’ordinamento generale”.

Anche l’appostazione nelle scritture e la successiva imputazione a spesa di tali fonti d’entrata dovrà seguire le regole che presiedono alla predisposizione dei bilanci pubblici.

 


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