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Veneto, deliberazione n. 220 – Stazione appaltante unica


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta modalità di contabilizzazione delle spese sostenute dall’ente in qualità di stazione appaltante ex articolo 4 del d.l. 69/2013.

In particolare l’ente ha chiesto se sia possibile inserire tra i servizi per conto terzi:

 le spese sostenute dal comune in qualità di stazione appaltante per le funzioni centralizzate di preparazione ed espletamento della gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale per tutto l’ambito ad eccezione di quelle imputabili al Comune quale propria quota parte;

 le spese sostenute dal comune per le funzioni eventualmente delegate dai Comuni dell’ambito stesso;

 le spese riguardanti la remunerazione dell’attività di controllo da parte del Comitato di Monitoraggio, la cui spesa è a carico dell’ente Stazione Appaltante.

I magistrati contabili del Veneto, con la deliberazione 220/2014, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 21 marzo, hanno ricordato che le entrate e le spese per servizi per conto terzi, collocate, rispettivamente, nel titolo VI (entrate) e nel titolo IV del bilancio di previsione (spese), hanno un effetto figurativo perché l’ente è, al tempo stesso creditore e debitore e la loro correlazione presuppone un equilibrio.

Trattasi di servizi che riguardano esclusivamente operazioni poste in essere per conto di altri soggetti non per perseguire un interesse diretto o proprio, ma quale strumento per la realizzazione degli interessi dei soggetti stessi.

I magistrati contabili hanno pertanto ribadito che i servizi costituiscono partite di giro solo quando si tratti di attività estranee alle competenze (anche delegate) dell’ente, ovvero quando siano realizzate nel preminente interesse di soggetti terzi e rispetto ad esse l’ente medesimo non assuma alcun rischio, né operativo né patrimoniale, qualificandosi, in definitiva, come mero esecutore materiale di determinazioni altrui (in tal senso sez. contr. Veneto, del. 128/2013).

I magistrati contabili, inoltre, hanno evidenziato che “alla suesposta rigidità interpretativa circa l’inclusione delle partite di giro, fa da contraltare sul punto, la stringente normativa sul patto di stabilità interno che individua un sistema tassativo e chiuso di deroghe, non suscettibile di interpretazione estensiva, in quanto le esclusioni, potendo incidere sulla determinazione dello specifico obiettivo di saldo finanziario, non possono che essere stabilite o autorizzate dallo stesso legislatore”.

Tra queste ipotesi derogatorie, l’articolo 1, comma 534, lett. d) della Legge n. 147/2013 (Legge di Stabilità) ha aggiunto il comma 6bis all’articolo 31 della Legge 183/2012, secondo cui “al fine di stabilizzare gli effetti negativi sul patto di stabilità interno connessi alla gestione di funzioni e servizi in forma associata, è disposta la riduzione degli obiettivi dei comuni che gestiscono, in quanto capofila, funzioni e servizi in forma associata e il corrispondente aumento degli obiettivi dei comuni associati non capofila”.

Tale disposizione prevede, inoltre che “a tal fine, entro il 30 marzo di ciascun anno, l’Associazione nazionale dei comuni italiani comunica al Ministero dell’economia e delle finanze, mediante il sistema web “http://pattostabilitainterno.tesoro.it” della Ragioneria generale dello Stato, gli importi in riduzione e in aumento degli obiettivi di ciascun comune di cui al presente comma sulla base delle istanze prodotte dai predetti comuni entro il 15 marzo di ciascun anno”.

La norma assume il preciso scopo di sterilizzare gli effetti negativi, riferiti al Comune capofila, derivanti dall’esercizio associato, anche in forma convenzionale, dei servizi e funzioni.

Come evidenziato dai magistrati contabili, lo strumento associativo non può essere utilizzato per intenti elusivi dei vincoli di finanza pubblica di matrice comunitaria e segnatamente di quello, di carattere assolutamente cogente (Corte costituzionale n. 40/2014), relativo all’osservanza del Patto di stabilità.

 


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