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Risponde il sindaco per danno erariale se non attua la riorganizzazione per resistenze dei dipendenti


Il sindaco è responsabile per danno erariale nel caso in cui sia stata approvata una delibera di giunta con cui era stata disposta la riorganizzazione della struttura amministrativa comunale, prevedendo una diminuzione delle aree funzionali, ma a tale atto non è stata data attuazione.

Il sindaco che non ha dato attuazione a tale decisione, per le “non poche e insormontabili difficoltà” assieme “all’impossibilità di reperire all’interno dell’Ente le professionalità idonee disposte ad accettare i gravosi incarichi”, ha così garantito il mantenimento della struttura organizzativa preesistente e ha consentito che venissero pagate somme corrispondenti a indennità di posizione e di risultato che sarebbero state risparmiate se tale deliberazione fosse stata eseguita, impedendo all’ente di risparmiare le somme conseguenti alla riduzione delle posizioni apicali riguardanti le aree funzionali soppresse.

Questo l’interessante principio sancito dalla Corte dei Conti, sez. giurisdizionale della Sicilia, con la sentenza 3500/2013, con la quale ha condannato il sindaco, il segretario del comune e il responsabile del servizio a risarcire il danno provocato al bilancio del comune per un importo corrispondente al mancato risparmio previsto.

I giudici contabili hanno ritenuto che la condotta omissiva tenuta dal sindaco sia stata gravemente colposa, in quanto la delibera di riorganizzazione conduceva univocamente, senza altra possibilità di scelta, all’eliminazione degli incarichi di p.o. per le aree funzionali soppresse, con i connessi effetti in termini di risparmio della spesa corrispondente alle relative indennità.

In buona sostanza, con tale condotta omissiva è stata realizzata un’inescusabile palese violazione di una deliberazione della giunta comunale e, attraverso questa, di norme fondamentali in materia di contenimento della spesa pubblica.

A tal proposito, la Corte ha precisato che “le argomentazioni difensive addotte a sostegno della scelta di non dare esecuzione alla deliberazione”, relative alle forti resistenze dei dipendenti, non fanno in alcun modo “venire meno l’inescusabilità della condotta tenuta dal sindaco, in quanto attestano un’inammissibile acquiescenza alle resistenze opposte dal personale all’accorpamento di funzioni, alle quali andava data risposta sul piano organizzativo, attraverso una corretta riallocazione delle risorse disponibili fra le aree funzionali alle quali erano stati affidati i compiti delle aree soppresse”.

I magistrati hanno rilevato che tale omissione risulta non scusabile anche perché la questione non nasce da “un’insostenibile riduzione del personale, ma dal mero ridimensionamento del numero degli incarichi apicali ricoperti da dirigenti o da funzionari titolari di posizione organizzativa, sicché per assicurare l’efficienza e l’efficacia dell’apparato amministrativo sarebbe stato necessario e sufficiente procedere alla riallocazione delle risorse umane”.

Tra l’altro, la stessa giunta qualche anno dopo ha riconosciuto che la ristrutturazione organizzativa disposta in passato rispettosa dei principi di legalità, economicità, efficienza ed efficacia che governano l’attività amministrativa, nonché funzionale al perseguimento del programma politico-amministrativo dell’Amministrazione Comunale e che le “non poche e insormontabili difficoltà” assieme “all’impossibilità di reperire all’interno dell’Ente le professionalità idonee disposte ad accettare i gravosi incarichi (…) non devono e, per certi versi, non possono più condizionare le scelte di questa Amministrazione e gli obiettivi che la stessa si è prefissa”.

Conseguentemente, non è applicabile neppure il principio della compensatio lucri cum damno, atteso che il risultato raggiunto in termini di attività amministrativa svolta poteva e doveva essere ottenuto con l’assetto organizzativo ridimensionato.

La Corte ha però ritenuto responsabili anche gli altri componenti della giunta, il segretario dell’ente e il responsabile del servizio che ha rilasciato il parere tecnico favorevole sulla deliberazione di giunta che ha revocato l’atto che disponeva la riorganizzazione.

Tale atto è stato adottato poiché in fase di concreta applicazione della precedente deliberazione erano state riscontrate non poche e per certi versi insormontabili difficoltà nella implementazione del nuovo organigramma e nella individuazione dei responsabili di aree, stante che all’interno dell’ente non era emersa una chiara e piena disponibilità da parte dei funzionari apicali ad assumere le nuove e più complesse responsabilità gestionali derivanti dal corposo accorpamento dei servizi comunali in un assai ristretto e limitato numero di aree funzionali.

In buona sostanza, quando il sindaco ha ritenuto di non potere eseguire la deliberazione di riorganizzazione, la giunta comunale ha ritenuto, con il parere favorevole di regolarità tecnica del responsabile di area, che le difficoltà incontrate in quella sede potessero essere superate revocando la deliberazione rimasta ineseguita.

Nel caso in esame il contrasto con la normativa in materia di contenimento della spesa si è realizzato direttamente, in quanto la giunta comunale revocando la precedente deliberazione che mirava ad attuare quella razionalizzazione, non ha adottato altre misure idonee a realizzare almeno lo stesso risparmio di spesa corrente.

Così come la mancata attuazione, anche la revoca della deliberazione di riorganizzazione ha privato il bilancio comunale della posta attiva che si sostanzia nella minore spesa costituita dalla “conseguente economia sulle corrispondenti indennità di posizione e di risultato”.

 


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