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Friuli, deliberazione n. 100 – Società strumentale della Regione


La Regione ha chiesto un parere in merito alla corretta applicazione dell’articolo 4, comma 11, del d.l. 95/2012, in particolare se esso si applichi alle sole società soggette agli obblighi di scioglimento o alienazione di cui al comma 1 del medesimo articolo 4, ovvero a tutte le società a partecipazione pubblica controllate da una pubblica amministrazione.

I magistrati contabili del Friuli, con la deliberazione 100/2013 pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 4 novembre, hanno ricordato che il legislatore negli ultimi anni ha sostanzialmente equiparato le partecipate “in house” all’ente di appartenenza per quanto attiene al regime degli affidamenti (che può avvenire in via diretta, difettando l’alterità dei soggetti), l’acquisto di beni e servizi da parte di tali società (che deve avvenire secondo le disposizioni del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163), le modalità di reclutamento del personale (per il quale valgono le regole per l’ente pubblico di riferimento), il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e, in particolare, l’osservanza del patto di stabilità, cui anche le società in house sono assoggettate.

Con riferimento alle in house degli enti locali, la sentenza della Corte costituzionale 46/2013 ha precisato che l’ente pubblico e la società in house debbono essere intesi congiuntamente e che pertanto le regole del patto di stabilità debbono riferirsi “a tutto l’insieme di spese ed entrate dell’ente locale sia perché non sarebbe funzionale alle finalità di controllo della finanza pubblica e di contenimento delle spese permettere possibili forme di elusione dei criteri su cui detto “Patto” si fonda, sia perché la maggiore ampiezza degli strumenti a disposizione dell’ente locale per svolgere le sue funzioni gli consente di espletarle nel modo migliore, assicurando, nell’ambito complessivo delle proprie spese, il rispetto dei vincoli fissati dallo stesso Patto di stabilità”.

L’ambito soggettivo delle società partecipate (rectius “controllate”) di cui al comma 1 interessate dai processi di dismissione è stato chiarito dalla sentenza n. 229 del 2013 della Corte costituzionale, secondo cui sono sottratte al regime di cui all’articolo 4 le società che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica.

Tale vincolo, tuttavia, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, insieme a quelli contenuti nei commi 2, 3, secondo periodo, 3-sexies e 8, dello stesso articolo 4, nella parte in cui si applica alle Regioni a statuto ordinario e non operante nei confronti delle Regioni a statuto speciale e degli enti locali di tali Regioni.

Relativamente alla nozione di attività strumentale, i magistrati contabili hanno ricordato che con tale locuzione si intendono le società che producono beni e servizi finalizzati o complementari allo svolgimento di attività o funzioni degli enti o, nei casi di esternalizzazione consentiti dalla legge, che svolgono direttamente funzioni amministrative di competenza degli enti stessi.

Il giudice amministrativo ha recentemente confermato che ”La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici deve essere riferita all’oggetto sociale delle imprese. Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma privatistica, non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali, che esercitano attività d’impresa di enti pubblici: esso è posto al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione” (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2084/2013).

I magistrati contabili hanno rilevato la natura strumentale della società partecipata dalla Regione, nonostante la legge regionale abbia qualificato i servizi affidati come di interesse generale.

La Corte dei Conti ha così chiarito che il fatto che la Regione riconosca l’esistenza di un inconfutabile interesse pubblico di rilevanza regionale demandato alla società non vale a qualificare la corrispondente attività svolta dalla stessa in termini di servizio pubblico, nel senso di servizio fruito direttamente dalla collettività.

Pertanto, trattandosi di società strumentale, l’ente dovrà verificare se il fatturato di servizi resi dalla società a favore della Regione sia superiore al 90% dell’intero fatturato. In tal caso, alla società si applicano le disposizioni di cui all’art. 4 del d.l. 95/2012, non interessate dalla dichiarazione di incostituzionalità/inapplicabilità.

 


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