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Mutato assetto organizzativo: legittima la “revoca” dell’aggiudicazione provvisoria


La stazione appaltante può legittimamente non statuire l’aggiudicazione definitiva e non dar corso definitivo alla gara svolta, in presenza di ragioni d’opportunità economica e/o di sopravvenuta non congruenza dell’oggetto dell’appalto a fronte del mutato scenario organizzativo.

Questo il principio espresso dal Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza n. 4433 del 4 settembre 2013, con la quale ha respinto il ricorso presentato da una società che si era aggiudicata la gara per l’affidamento dei servizi di noleggio di dispositivi tessili e materasseria nei presidi ospedalieri aziendali.

Nel caso di specie, la stazione appaltante, dopo l’aggiudicazione provvisoria, decideva di non procedere con la conclusione della procedura in considerazione del sopravvenuto mutamento degli assetti organizzativi e funzionali di presidi e strutture aziendali, che di fatto determinavano una modifica dell’oggetto dell’appalto e del relativo capitolato.

I giudici amministrativi hanno ricordato che ai sensi dell’articolo 81, comma 3, del d.lgs. 163/2006 “ le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto”.

Tale norma, che richiede alla stazione appaltante un giudizio di convenienza sul futuro contratto, che consegue, tra l’altro, ad apprezzamenti sull’inopportunità di proseguire nella verifica di congruità, affidabilità ed utilità economica del rapporto negoziale, ha un carattere amplissimo, servendo alla stazione appaltante un’ampia gamma di poteri circa la possibilità di non procedere all’aggiudicazione del contratto per specifiche ed obiettive ragioni di pubblico interesse.

I giudici amministrativi, inoltre, hanno chiarito la portata dei poteri della stazione appaltante nel corso della procedura di evidenza pubblica, ritenendo che sia improprio parlare di “revoca” dell’aggiudicazione provvisoria.

Difatti la mancata approvazione dell’aggiudicazione provvisoria non costituisce esito di un procedimento di secondo grado – com’è nel caso in cui s’intervenga sull’aggiudicazione definitiva – bensì integra la conclusione “in senso negativo” dello stesso ed unico procedimento di evidenza pubblica, “a causa della sopravvenuta non utilità del contratto, ancora in itinere, all’interesse creditorio, mutato per factum principis non derogabile e tale da non rendere conveniente l’attivazione del rapporto negoziale”.

Di conseguenza, l’aggiudicazione provvisoria di un contratto d’appalto non è idonea a generare nessun affidamento qualificato, per cui la mancata conclusione della procedura o anche il suo annullamento, può sempre aver luogo, salvo l’obbligo di motivazione in relazione all’esistenza dei presupposti necessari.


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