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Società regionali: non sono vincolate all’articolo 4 della spending review


Le società strumentali, partecipate dalle regioni, sia a statuto ordinario che speciale, non sono assoggettate all’obbligo di dismissione o della messa in liquidazione di cui all’articolo 4 del d.l. 95/2012, anche se nel 2011 hanno avuto un fatturato a favore delle p.a. superiore al 90%.

Lo ha chiarito la sentenza n. 229 del 23 luglio 2013 della Corte Costituzionale, con la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni contenute nell’articolo 4, commi 1, 2, 3 secondo periodo, 3-sexies ed 8, della spending review nella parte in cui si applica alle Regioni ad autonomia ordinaria.

Per quanto riguarda le Regioni a speciale, la Corte ha dichiarato non fondate le questioni proposte, in quanto le citate disposizioni di cui all’articolo 4, non si applicano alle regioni ad autonomia differenziata, in virtù dell’operatività della clausola di salvaguardia di cui all’art. 24-bis dello stesso d.l. 95/2012.

La Corte ha infatti ritenuto corretta la tesi sostenuta dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, in quanto dall’esame dei lavori preparatori del d.l. 95/2012, si desume che la clausola di cui all’art. 24-bis è stata introdotta, in sede di conversione in legge, proprio per garantire che “il contributo delle Regioni a statuto speciale all’azione di risanamento, come fissata in questo provvedimento dallo stesso Governo […], venga realizzato rispettando i rapporti e i vincoli che gli statuti speciali stabiliscono tra livello nazionale e Regioni a statuto speciale”.

La predetta clausola è analoga ad altre sulle quali la Corte Costituzionale si era già espressa, affermando che tali condizioni “sono volte ad escludere la diretta applicazione agli enti ad autonomia speciale delle disposizioni dettate dal legislatore statale che non siano compatibili con quanto stabilito negli statuti speciali e nelle norme di attuazione degli stessi, al di fuori delle particolari procedure previste dai rispettivi statuti (sentenza n. 193 del 2012)”.

Pertanto, la questione di illegittimità costituzionale dell’articolo 4 del d.l. 95/2012 per quanto riguarda le regioni a statuto speciale è infondata, perché tali disposizioni, anche laddove venisse accertato che contrastano con gli statuti speciali, non sono applicabili direttamente alle Regioni ad autonomia speciale, ma richiedono il recepimento tramite le apposite procedure (consensuali) prescritte dalla normativa statutaria e di attuazione statutaria.

Pertanto, per quanto riguarda le società strumentali, le regioni potranno continuare a mantenere tali partecipazioni e ad affidare direttamente servizi strumentali alle proprie in house.

Al contrario, comuni e province saranno obbligati a dismettere totalmente o a mettere in liquidazione le proprie partecipate strumentali (vere e che hanno agito negli anni conformemente al dettato legislativo) entro i 31 dicembre 2013 e dal 1° luglio 2014 potranno affidare servizi strumentali solo tramite gara.

Procedure di gara cui le “sopravvissute” società strumentali regionali non potranno partecipare in virtù di affidamenti diretti a proprio favore.

Le regioni potremmo valutare l’opportunità di acquisire le partecipazioni degli enti locali e questi ultimi potrebbero sottoscrivere accordi con la regione per la gestione di attività strumentali, che poi potrebbero essere affidate alle proprie in house, insomma continuare a fare come prima, facendo finta di fare diversamente.

Non sarebbe meglio riorganizzare, davvero, il mondo delle partecipate facendo sopravvivere solo quelle sane, senza stare ad aggiungere vincoli (o toglierli solo a qualcuno) che niente hanno a che fare con la qualità dell’attività realizzata da questi organismi?

 


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