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Lombardia, deliberazione n. 137 – Vincoli incremento fondo incentivante


Un sindaco ha posto una serie di quesiti in merito alla corretta modalità di determinazione delle risorse aggiuntive per la contrattazione integrativa, in particolare, se sia possibile integrare il fondo incentivante:

a. fermo restando il vincolo complessivo di cui all’articolo 9, comma 2 bis, del d.l. 78/2010, con le risorse aggiuntive previste da disposizioni normative regionali;

b. con i “risparmi derivanti dalla mancata copertura dei posti della dotazione organica” (art. 44 l.r. 20/2008) ovverossia – alla luce dei vincoli assunzionali previsti dalla vigente normativa statale – in relazione ai risparmi connessi alla cessazione del personale in servizio non sostituito nella programmazione del fabbisogno di personale (differenza tra personale in servizio nell’anno di riferimento rispetto all’anno precedente).

I magistrati contabili della Lombardia, con la deliberazione n. 137/2013 pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 29 aprile, hanno chiarito che “le disposizioni legislative regionali, aventi ad oggetto lo stanziamento di risorse aggiuntive per la contrattazione decentrata, devono essere interpretate nel senso che la relativa applicabilità presuppone un esplicito rinvio alla normativa regionale da parte della legge statale (quale fonte abilitata a disciplinare la materia rientrante nell’ordinamento civile)”.

Pertanto, secondo i magistrati contabili, la facoltà di avvalersi di leggi regionali per stanziare risorse per la contrattazione decentrata non può essere esercitata dall’Amministrazione regionale sic et simpliciter: tale facoltà potrebbe essere esercitata, in via mediata, solo in presenza di una clausola di rinvio statale, ossia a fronte di puntuale previsione di una legge dello Stato che abiliti espressamente il legislatore regionale ad intervenire.

In merito alla possibilità di incrementare le risorse a fronte di risparmi derivanti da scelte organizzative economiche ed efficienti, i giudici contabili hanno richiamato l’interpretazione espressa dalla Sezione delle Autonomie, delibera n. 2/2013, sull’articolo 16, commi 4 e 5, del d.l. 98/2011 che consente, in presenza di determinati presupposti, l’utilizzo di economie derivanti da “piani triennali di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, di riordino e ristrutturazione amministrativa, di semplificazione e digitalizzazione, di riduzione dei costi della politica e di funzionamento, ivi compresi gli appalti di servizio, gli affidamenti alle partecipate e il ricorso alle consulenze attraverso persone giuridiche”.

Infine, i magistrati contabili hanno ricordato che “la parte variabile di retribuzione di incentivazione è un elemento retributivo che può essere riconosciuto solo se correlato al raggiungimento di specifici obiettivi connessi all’attività svolta dal dipendente, fissati in via preventiva dall’Amministrazione. La corresponsione della stessa al di fuori dei parametri normativi e contrattuali sarebbe del tutto incongrua ed indebita. In base a questa ampia premessa, sussistono forti dubbi sulla liceità di contratti collettivi integrativi che non solo siano conclusi dopo la scadenza del periodo di riferimento ma che individuino criteri di ripartizione della parte variabile di retribuzione in assenza sia di criteri predeterminati prima dell’inizio del periodo di riferimento che di qualsivoglia processo di verifica, di fatto impossibile, proprio a causa della mancanza dei criteri preliminari”

 


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