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Lombardia, deliberazione n. 96 – Compensi cda personale enti soci


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta applicazione dell’art. 4 commi 4 e 5 del d.l. 95/2012, riguardante i compensi assembleari previsti in favore dei dipendenti pubblici che partecipano ai consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica totale, maggioritaria o di controllo.

I magistrati contabili della Lombardia, con la deliberazione n. 96/2013 pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 22 marzo, hanno chiarito che la normativa contempla due ipotesi:

– i compensi erogati ai dipendenti pubblici, nominati nei consigli di amministrazione delle società controllate, dalle p.a. di cui all’art. 1 comma 2 del d.lgs. 165/2001;

– i compensi erogati ai dipendenti che partecipano ai consigli di amministrazione delle società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta.

Nel primo caso, trattandosi di posizioni di mero controllo o di partecipazione anche non maggioritaria, ciò che rende applicabili i limiti ai compensi e la loro destinazione è il conseguimento per l’anno 2011 del fatturato da prestazione di servizi a favore delle pubbliche amministrazione per una percentuale superiore al 90%.

Nel secondo caso, la soggezione ai vincoli pubblicistici sui compensi discende direttamente dall’essere la società totalmente in mano pubblica, secondo i meccanismi dell’in house providing e del controllo analogo.

La disciplina così delineata prevede un trattamento comune circa la destinazione e la distribuzione dei compensi assembleari.

Detti compensi non possono essere erogati direttamente al funzionario o dirigente che espleta l’incarico, ma devono essere corrisposti direttamente alla pubblica amministrazione designante, per poi confluire nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio (fondo di produttività).

L’attività prestata dal dipendente pubblico nominato, proprio per la sua pregressa investitura di pubblico funzionario, quale membro del cda della società pubblica, interamente partecipata, rappresenta una mera modalità di incarico al medesimo conferito in ragione dell’ufficio ricoperto o comunque conferito dall’amministrazione in cui si presta il servizio o su designazione della medesima.

Tale prestazione lavorativa soggiace al principio di onnicomprensività della retribuzione e, pertanto, il trattamento economico complessivo remunera tutte le funzioni e compiti attribuiti al pubblico dirigente.

Infine, secondo la Corte dei Conti, in carenza di specifiche disposizioni legislative e contrattuali circa la destinazione del compenso al dirigente, il corrispettivo previsto dalla società è posto ad esclusivo vantaggio del bilancio della p.a. e riversato nel fondo di produttività. In tal caso, si alleggeriscono gli oneri finanziari dell’amministrazione per la quantificazione del fondo.

Secondo i magistrati contabili, pertanto, tali somme non potranno essere aggiunte al fondo, ma dovranno essere utilizzate per la sua quantificazione ordinaria, non essendo legittima una eterointegrazione del fondo stesso in assenza di meccanismi in tal senso previsti dalla contrattazione collettiva, tesi ad incrementare la retribuzione di risultato.

 


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