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Dovere di soccorso istruttorio di cui all’articolo 46 del Codice dei Contratti


In materia di partecipazione ad appalti pubblici deve essere mantenuta una distinzione ben netta tra l’attività di mera integrazione o di specificazione di dichiarazioni già rese in sede di gara (sempre possibile), rispetto all’ipotesi di integrazione documentale, non ammissibile in quanto lesiva della fondamentale regola della par condicio competitorum.

Questo il principio espresso dal Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza n. 1122 del 25 febbraio 2013, secondo cui “laddove si tratti di esplicitare o di chiarire una dichiarazione o il contenuto di un atto già tempestivamente prodotto agli atti di gara, l’attività di integrazione non soltanto è consentita ma la stessa risulta dovuta, nel senso che la stazione appaltante è tenuta, in omaggio al principio di leale collaborazione codificato all’art. 46 del Codice dei contratti pubblici, a richiedere o a consentire la suddetta integrazione, in modo da rendere conforme l’offerta, anche in relazione al materiale documentale di corredo, a quanto richiesto dalla lex specialis di gara”.

Nel caso di specie una stazione appaltante aveva indetto una procedura per l’esecuzione di lavori e per la fornitura di opere edili ed impiantistiche e, in sede di gara, la commissione aveva proceduto a richiedere ad un’impresa concorrente di integrare la documentazione.

Infatti, la partecipante aveva dichiarato in sede di presentazione della domanda di non trovarsi nelle condizioni ostative di cui al comma 1, lettera f), dell’art. 38 del Codice dei Contratti, omettendo, però, in sede di enunciazione delle singole fattispecie ostative (e di copiatura per esteso del contenuto della disposizione) di riportare, in aggiunta alla dichiarazione di “non aver commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione di lavori affidati da questa stazione appaltante” anche l’ulteriore dichiarazione di non aver commesso “un errore grave nell’esercizio della attività professionale”.

Avverso l’aggiudicazione una società ha presentato ricorso al Tar, il quale ha annullato il provvedimento di aggiudicazione definitiva nonché gli atti di gara, sostenendo che la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere con l’esclusione dell’impresa in considerazione del fatto che la lex specialis comminava la sanzione dell’esclusione per il caso di omessa dichiarazione.

La stazione appaltante ha impugnato la pronuncia davanti al Consiglio di Stato.

L’art. 46 del Codice prevede che le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati, ma solo nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45 del medesimo decreto.

La ratio della disposizione in esame va individuata nell’esigenza di assicurare la massima partecipazione alle gare di appalto, e di evitare che queste possano essere alterate da carenze di ordine meramente formale nella documentazione comprovante il possesso dei prescritti requisiti da parte degli operatori economici.

Il rimedio della regolarizzazione documentale di cui all’art. 46 del Codice dei contratti non si applica al caso in cui l’impresa concorrente abbia integralmente omesso di presentare la documentazione la cui produzione è richiesta a pena di esclusione.

Diversamente, nel caso in cui la documentazione prodotta da un concorrente ad una pubblica gara sia presente, ma carente di taluni elementi formali, sussistendo, in tali casi, un indizio del possesso dei requisiti richiesti, l’amministrazione non può pronunciare l’esclusione dalla procedura ma è tenuta a richiedere al partecipante di integrare o chiarire il contenuto di un documento già presente costituendo siffatta attività acquisitiva un ordinario modus procedendi, ispirato all’esigenza di far prevalere la sostanza sulla forma, principio che si impone anche in virtù degli obblighi di istruttoria procedimentale gravanti sul responsabile del procedimento in forza dell’articolo  6 della Legge n. 241/1990 e la cui applicazione, nel caso di procedure ad evidenza pubblica, è da escludere solo ove si possa tramutare in una lesione del principio di parità di trattamento dei concorrenti (Tar Sardegna, sent. n. 2163/2010; Tar Piemonte, Sez. I, sent. n. 837/2009).

I giudici amministrativi hanno, pertanto, riformato la sentenza del Tar ritenendo legittimo l’operato della stazione appaltante che aveva chiesto all’impresa partecipante di integrare la dichiarazione già compiutamente resa con il riferimento sintetico alla citata lettera f (con tutte le ipotesi ivi contemplate) con il completamento della descrizione dei suoi contenuti relativamente all’ affermazione di “non aver mai commesso errore grave nell’esercizio dell’attività professionale”.

Ne consegue che l’attività di mera integrazione o di specificazione di dichiarazioni già rese in sede di gara è consentita ed anzi la stazione appaltante è tenuta, in omaggio al principio di leale collaborazione, a richiedere o a consentire tale integrazione.


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