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Il dipendente di società partecipata condannato per peculato può contrarre con la P.A.


Il dipendente di una società pubblica, in relazione al ruolo ricoperto, è assimilabile a un incaricato di pubblico servizio, e per tale motivo, imputabile per il reato di peculato, di cui all’articolo 314 c.p.

La condanna connessa a tale reato, tuttavia, non può privare il soggetto della capacità a contrarre con la pubblica amministrazione.

E’ quanto ha affermato la Corte di cassazione, con la sentenza 49759/2012, con la quale ha parzialmente accolto il ricorso presentato dall’ex direttore generale di una società partecipata preposta alla fornitura del servizio idrico.

Nel caso di specie, il direttore generale di una società concessionaria di pubblico servizio, aveva utilizzato la carta di credito, allo stesso intestata per ragioni di servizio, per fare acquisti e sostenere spese di carattere del tutto personale.

Per tale condotta, il dirigente era stato rinviato a giudizio e condannato dal tribunale di primo grado a cinque anni di reclusione e alle pene accessorie dell’incapacità a contrattare con la P.A. e dell’interdizione dai pubblici uffici, perché ritenuto colpevole, fra gli altri, del reato di peculato, di cui all’art. 314 c.p.

Presentato ricorso in appello, i giudici di secondo grado hanno confermato la condanna per il solo reato di peculato e le pene accessorie.

La Corte di Appello, in particolare, con riferimento alla contestata configurabilità del suddetto reato ha affermato che la qualità di incaricato di pubblico servizio era desumibile dall’oggetto dell’attività della società partecipata, finalizzato alla realizzazione delle opere relative dell’acquedotto e alla gestione del rifornimento idrico e delle opere funzionali allo stesso.

Il dirigente condannato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando, tra l’altro, la configurabilità del reato di peculato, ex articolo 314 c.p.

Secondo il ricorrente, nel caso di specie, mancherebbe la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio, richiesta per la configurabilità del reato contestato, in virtù della natura di società per azioni, seppur partecipata dall’ente locale, del soggetto giuridico cui l’imputato apparteneva.

A tal fine, il ricorrente ha richiamato l’orientamento secondo cui “Le società per azioni costituite dai comuni e dalle province a norma della L. 8 giugno 19990 n. 142 sull’ordinamento delle autonomie locali per la gestione di pubblici servizi, previa costruzione od acquisizione delle opere ed infrastrutture necessarie, operano come persone giuridiche private, nell’esercizio della propria autonomia negoziale, senza alcun collegamento con l’ente pubblico, nei confronti del quale hanno assunto l’obbligo di gestire il servizio, atteso che, da un lato, il rapporto tra l’ente territoriale e la società non è riconducibile nè alla figura della concessione di pubblico servizio, nè all’ipotesi di concessione per la costruzione di opere pubbliche ” (Corte di cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 6 maggio 1995, n 4989).

La Cassazione ha ritenuto infondata la difesa del ricorrente, il quale nella sua veste di direttore generale di una società totalmente pubblica era da ritenere incaricato di pubblico servizio a prescindere dalla natura, tipizzata per il tramite degli ordinari strumenti privatistici, dell’ente sociale di riferimento.

Secondo la giurisprudenza della Cassazione, nella formulazione dell’art. 358 c.p., il legislatore ha privilegiato il criterio funzionale secondo cui “è incaricato di pubblico servizio chi in concreto lo esercita, indipendentemente anche da qualsiasi rapporto di impiego con un determinato ente pubblico”, ritenendo, di conseguenza, che “il servizio pubblico ha natura funzionale ed oggettiva, nel senso che è tale quello che realizzi direttamente finalità pubbliche. Nell’ambito delle attività pubblicistiche, la qualifica di incaricato di pubblico servizio spetta soltanto a coloro che svolgono compiti di rango intermedio tra le pubbliche funzioni e le mansioni di ordine o materiali: tali compiti si identificano in attività in senso lato intellettive, rimanendo escluse quelle meramente esecutive, per le quali il contributo che da esse ricava la realizzazione delle finalità pubblicistiche può essere indifferentemente fornito con altri rimedi strumentali, sostitutivi della prestazione personale”.

Pertanto, la natura prettamente privatistica della società non esclude la possibilità di configurare la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio ai soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa.

Tale qualifica è confermata anche laddove l’ente, come nel caso di specie, persegua finalità pubbliche, pur con gli strumenti privatistici propri delle società per azioni (Corte di Cassazione, Sez. VI, sentenza 7 maggio 2004, n. 37102).

Il ricorrente ha contestato l’applicabilità a tale fattispecie della pena accessoria dell’incapacità di contrattare con la P.A., di cui agli art. 32 ter e quater c.p..

Per tale aspetto, la Corte ha accolto il ricorso, in quanto il reato di peculato non è tra quelli legittimanti l’applicazione della pena accessoria della incapacità di contrattare con la P.A.

La Corte ha condannato il ricorrente, in quanto nella sua qualità di direttore generale di una società pubblica è incaricato di pubblico servizio e per tale motivo imputabile per il reato di peculato di cui all’articolo 314 c.p.

La condanna relativa a tale reato, tuttavia, non può privare il soggetto della capacità a contrarre con la pubblica amministrazione.

 

 

 


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