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Incentivi alla progettazione: limiti soggettivi e oggettivi


La disciplina degli incentivi alla progettazione è stata oggetto recentemente di numerosi pareri parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

I magistrati contabili hanno sulla portata dell’art. 92, commi 5 e 6 del d.lgs. 163/2006 sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo.

In particolare la norma disciplinante tale materia prevede che “5. Una somma non superiore al due per cento dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro, comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all’articolo 93, comma 7, è ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata e assunti in un regolamento adottato dall’amministrazione, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori. La percentuale effettiva, nel limite massimo del due per cento, è stabilita dal regolamento in rapporto all’entità e alla complessità dell’opera da realizzare. La ripartizione tiene conto delle responsabilità professionali connesse alle specifiche prestazioni da svolgere. La corresponsione dell’incentivo è disposta dal dirigente preposto alla struttura competente, previo accertamento positivo delle specifiche attività svolte dai predetti dipendenti; limitatamente alle attività di progettazione, l’incentivo corrisposto al singolo dipendente non può superare l’importo del rispettivo trattamento economico complessivo annuo lordo; le quote parti dell’incentivo corrispondenti a prestazioni non svolte dai medesimi dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all’organico dell’amministrazione medesima, ovvero prive del predetto accertamento, costituiscono economie

6. Il trenta per cento della tariffa professionale relativa alla redazione di un atto di pianificazione comunque denominato è ripartito, con le modalità e i criteri previsti nel regolamento di cui al comma 5 tra i dipendenti dell’amministrazione aggiudicatrice che lo abbiano redatto”.

Relativamente al profilo soggettivo la corresponsione di incentivi per la progettazione previsti dall’art. 92 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 l’orientamento in materia è ormai consolidato.

La norma citata deve essere letta nel complessivo contesto delle modalità di affidamento degli incarichi tecnico professionali, previste dalla legislazione in materia di contratti pubblici. Quest’ultima è informata da un principio generale, già codificato dall’art. 7 comma 6 del d.lgs. n. 165/2001, in base al quale i predetti incarichi possono essere conferiti a soggetti esterni al plesso amministrativo solo se non si disponga di professionalità adeguate nel proprio organico e tale carenza non sia altrimenti risolvibile con strumenti flessibili di gestione delle risorse umane.

Tale presupposto mira a preservare le finanze pubbliche oltre che a valorizzare il personale interno alle amministrazioni.

Lo scopo perseguito dal legislatore, infatti, è stato quello di incentivare i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche ad eseguire attività di progettazione internamente agli uffici, anche al fine di diminuire i costi delle attività collegate alla progettazione delle opere pubbliche.

Nelle ipotesi ordinarie in cui gli incarichi tecnici siano espletati da personale interno, ai fini della loro remunerazione, occorre far riferimento alle regole generali previste per il pubblico impiego, il cui sistema retributivo è conformato da due principi cardine, quello di definizione contrattuale delle componenti economiche e quello di omnicomprensività della retribuzione.

Secondo tali principi nulla è dovuto, oltre al trattamento economico fondamentale ed accessorio stabilito dai contratti collettivi, al dipendente che ha svolto una prestazione rientrante nei suoi doveri d’ufficio, anche se di particolare complessità.

L’art. 92 comma 5 del d.lgs. n.163/2006 deroga ai suddetti principi e, come tale, costituisce un’eccezione che si presta a stretta interpretazione e per la quale sussiste il divieto di analogia posto dall’art. 12 delle diposizioni preliminari al codice civile (C.conti, sez. controllo, Campania, delibera 7/2008).

Il c.d. “incentivo alla progettazione”, previsto dal Codice dei contratti pubblici, costituisce uno di quei casi nei quali il legislatore, derogando al principio per cui il trattamento economico è fissato dai contratti collettivi, attribuisce un compenso ulteriore e speciale, rinviando allo specifico regolamento dell’amministrazione aggiudicatrice, previa contrattazione decentrata, i criteri e le modalità di ripartizione.

Regolamento interno che deve rispettare i seguenti parametri:

–          erogazione ai soli dipendenti espletanti gli incarichi tassativamente indicati dalla norma (responsabile del procedimento, incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, e loro collaboratori), riferiti all’aggiudicazione ed esecuzione “di un’opera o un lavoro” (non, pertanto, per un appalto di fornitura di beni o di servizi).

La norma non presuppone, tuttavia, ai fini della legittima erogazione, il necessario espletamento interno di una o più attività (per esempio, la progettazione) purché siano ripartiti gli incentivi in maniera conforme alle responsabilità attribuite e devolva in economia la quota relativa agli incarichi conferiti a professionisti esterni;

–          ammontare complessivo non superiore al 2% dell’importo a base di gara, rispetto al quale il regolamento interno potrà stabilire esclusivamente una somma in misura percentuale inferiore;

–          collegamento del fondo incentivante all’importo a base di gara (non all’importo oggetto del contratto, né a quello risultante dallo stato finale dei lavori).

Da ciò si deduce che non appare ammissibile la previsione e l’erogazione di alcun compenso nel caso in cui l’iter dell’opera o del lavoro non sia giunto, quantomeno, alla fase della pubblicazione del bando o della spedizione delle lettere d’invito.

Resta, tuttavia, la possibilità di ancorare l’erogazione dell’incentivo a più stringenti presupposti attraverso la previsione, in sede di regolamento interno, della corresponsione solo subordinatamente all’aggiudicazione dell’opera;

–          puntuale ripartizione del fondo incentivante tra gli incarichi attribuibili (responsabile del procedimento, progettista, direttore dei lavori, collaudatori, nonché loro collaboratori), secondo percentuali rimesse alla discrezionalità dell’amministrazione, da mantenere, tuttavia, nel rispetto dei principi di logicità, congruenza e ragionevolezza (Avcp, Deliberazioni n. 315/2007, n. 70/2005 e n. 97/2004);

–          attribuzione in economia delle quote del fondo incentivante corrispondenti a prestazioni non svolte dai dipendenti, ma affidate a personale esterno all’organico dell’amministrazione.

Tale obbligo impone di prevedere analiticamente nel regolamento interno, e graduare, le percentuali spettanti per ogni incarico espletabile dal personale, in maniera tale da permettere, nel caso in cui alcune prestazioni siano affidate a professionisti esterni, la predetta devoluzione (Avcp, Deliberazioni n. 315/2007, n. 35/2009, n. 18/2008 e n. 150/2001).

Altri principi applicabili alla fattispecie si ricavano dalla normativa generale sul pubblico impiego e, in particolare, dall’art. 7 comma 5 del d.lgs. 165/2001 in base al quale “le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese”.

Regola fatta espressamente propria dal legislatore nella previsione secondo cui “la corresponsione dell’incentivo è disposta dal dirigente preposto alla struttura competente, previo accertamento positivo delle specifiche attività svolte dai predetti dipendenti” (art. 92 comma 5 d.lgs. 163/2006).

Alla luce di quanto sopra descritto, pertanto, l’amministrazione non può, in sede di regolamento interno, adottare disposizioni in contrasto con quanto previsto dalla legge, sia, in particolare, dall’art. 92 comma 5 del d.lgs. 163/2006 che, in generale, dai principi posti in tema di pubblico impiego dal d.lgs. 165/2001.

Nello specifico non è legittima l’erogazione dell’intero incentivo, suddiviso dal regolamento interno fra fase di aggiudicazione e fase di esecuzione, nel caso in cui l’opera non sia stata successivamente appaltata ed eseguita (e, di conseguenza, l’attività del personale interno, in relazione a tali ulteriori fasi, non sia stata espletata).

Qualora l’attività di progettazione sia stata affidata a professionisti esterni, le rispettive quote del fondo incentivante devono essere devolute in economia, costituendo un risparmio per l’amministrazione.

L’eventuale attività prestata dal personale interno prima della fase di aggiudicazione, ove l’incentivazione sia prevista dal regolamento interno deve essere limitata alla quota spettante per la fase di gara.

Nessun compenso è dovuto in questo caso (in quanto non riferibile ad attività espletata) per la direzione lavori, il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione ed il collaudo.

Tali regole valgono anche con riferimento al Responsabile del procedimento il quale partecipa alla ripartizione dell’incentivo, non in ragione della sua qualifica ma in relazione al complessivo svolgimento interno dell’attività di progettazione.

In sostanza, qualora l’attività venga svolta internamente tutti i soggetti che, a qualsivoglia titolo, vi collaborino hanno diritto, in base alle previsioni del Regolamento dell’Ente, a partecipare alla distribuzione dell’incentivo.

Qualora, al contrario, l’attività di pianificazione, come sopra specificata, venga svolta all’esterno non sorgendo il presupposto per la ripartizione di un incentivo fra i vari dipendenti dell’Ufficio non sussiste neppure un autonomo diritto del Responsabile del procedimento ad ottenere un compenso per un’attività che, al contrario, rientra fra i suoi compiti e doveri d’ufficio (C.Conti, sez. controllo Lombardia, n. 459, 453, 452, 425, 259 del 2012; C. conti, sez. controllo Piemonte, delibera 290/2012).

Sul piano oggettivo rileva, in particolare, l’interpretazione del significato da attribuire alla locuzione “atto di pianificazione” inserita nel testo dell’art. 92 comma 6 del d.lgs. n. 163/2006

L’orientamento consolidato nella giurisprudenza contabile è quello secondo cui l’atto di pianificazione, comunque denominato, debba necessariamente riferirsi alla progettazione di opere pubbliche e non ad un mero atto di pianificazione territoriale redatto dal personale tecnico abilitato dipendente dell’amministrazione (C.Conti, sez. controllo Piemonte, delibera 290/2012; sez. controllo Lombardia, n. 459, 453, 452, 425, 444, 259 del 2012;  sez controllo Puglia, 1/2012; Sezione controllo Toscana, n. 389, 256, del 2012).

Ciò che rileva ai fini della riconoscibilità del diritto al compenso incentivante non è tanto il nomen juris attribuito all’atto di pianificazione, quanto il suo contenuto specifico intimamente connesso alla realizzazione di un’opera pubblica quale, ad esempio, una variante necessaria per la localizzazione di un’opera (Corte conti, sez. controllo Toscana 213/2011), ovvero a quel quid pluris di progettualità interna, rispetto ad un mero atto di pianificazione generale che costituisce, al contrario, diretta espressione dell’attività istituzionale dell’ente per la quale al dipendente è già corrisposta la retribuzione ordinariamente spettante.

A tal fine, un atto regolamentare “non può essere assimilato, per il suo contenuto intrinseco, ad un progetto di lavori comunque denominato mentre l’art. 90 del D.lgs. n. 163/06 sia alla rubrica che al c.1, fa riferimento esclusivamente ai lavori pubblici, e l’art. 92, c1, presuppone l’attività di progettazione nelle varie fasi, expressis verbis come finalizzata alla costruzione dell’opera pubblica progettata “.

Pertanto il riferimento ad “un atto di pianificazione” contenuto nel comma 6 dell’art. 92 è da intendersi limitato ad atti che abbiano ad oggetto la pianificazione collegata alla realizzazione di opere pubbliche e non ad atti di pianificazione generale quali possono essere la redazione del Piano regolatore o di una variante generale.


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