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Rischia il carcere l’insegnante che impone all’alunno di scrivere un rimprovero


Commette abuso del mezzo di correzione l’insegnante che aveva ordinato all’alunno di scrivere cento volte “sono un deficiente”, poiché tale comportamento è umiliante e può causare disturbi psico-fisici.

E’ questo il principio stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 34492 del 10 settembre 2012, che ha ritenuto l’insegnante di una scuola media colpevole di aver abusato dei mezzi di correzione e di disciplina in danno di un alunno, costringendolo a scrivere per cento volte una frase umiliante.

Nel caso di specie, l’insegnante, con il suo comportamento palesemente vessatorio, con i rimproveri e con l’uso di espressioni lesive della dignità dell’alunno aveva causato un disagio psicologico, che aveva reso necessario per l’alunno ricorrere a cure mediche e ad un percorso di psicoterapia.

I giudici, richiamando i principi costituzionali, il diritto di famiglia (legge 151/1975), la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino (approvata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con la legge 176/1991), hanno chiarito che “non può ritenersi lecito l’uso della violenza, fisica o psichica, distortamente finalizzata a scopi ritenuti educativi e ciò sia per il primato attribuito alla dignità della persona del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, tolleranza, convivenza e solidarietà, utilizzando mezzi violenti e costrittivi che tali fini contraddicono”.

Il comportamento dell’insegnante, secondo la Cassazione, ha costituito un abuso punibile a norma dell’articolo 571 del Codice penale, poiché “umilia, svaluta, denigra e violenta psicologicamente un bambino, causandogli pericoli per la salute, anche se è compiuta con soggettiva intenzione educativa o di disciplina”.

 


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