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Sponsorizzazioni: sono vietate le spese finalizzate a promuovere l’immagine dell’Ente


Corte dei conti, sez. contr. Veneto, Deliberazione n. 336/11 e sez. contr. Lombardia, Deliberazione n. 505/11
di Chiara Zaccagnini

I limiti disposti dal comma 9 dell’art. 6 del Dl. n. 78/10 si riferiscono espressamente ed esclusivamente alle spese volte a finanziare eventi di promozione dell’immagine dell’Ente.

Sono escluse da tale limite le contribuzioni a soggetti terzi per iniziative di sostegno di finalità sociali, erogate sia in forma di provvedimento che di convenzione, per le quali trova applicazione il divieto dettato dal comma 8, del citato art. 6.

Questo è quanto ha chiarito la Corte dei Conti, sez. contr. del Veneto, nella Deliberazione in commento, con la quale ha risposto a un chiarimento del Sindaco di un Comune circa il divieto di sponsorizzazioni e, in particolare, sulla corretta interpretazione della nozione di “sponsorizzazione” in relazione alle previsioni dell’art. 6, comma 9, del Dl. n. 78/10.

La norma introdotta dal citato Decreto prevede due distinti limiti, uno che concerne le sponsorizzazioni (comma 9), l’altro di natura quantitativa relativa alle spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, che si accompagnano all’erogazione di contributi a terzi (comma 8).

Il comma 9 dell’art. 6 ha stabilito che “a partire dal 2011, le amministrazioni pubbliche previste nel conto economico consolidato della P.A. come individuato dall’ ISTAT ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 31.12.2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per sponsorizzazioni”.

Mentre il comma 8 ha previsto che “a decorrere dall’anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009 per le medesime finalità”.

I magistrati contabili hanno chiarito che sotto il profilo giuridico manca una definizione legislativa generale dell’istituto della ”sponsorizzazione”.

Una prima sommaria definizione è contenuta nella normativa comunitaria per il settore televisivo nella Direttiva CEE n.552/89 che ha stabilito che per sponsorizzazione si intende “ogni contributo di un’impresa pubblica o privata, non impegnata in attività televisive o di produzione di opere audiovisive, al finanziamento di programmi televisivi, allo scopo di promuovere il suo nome, il suo marchio, la sua immagine, le sue attività o i suoi prodotti”.

Tale definizione è stata recepita nel nostro ordinamento dalla Legge n. 223/90 (cd. Legge Mammì, sulla disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato).

Un’altra definizione del termine “sponsorizzazione”, rilevante dal punto di vista giuridico, si può ritrovare nel settore dello sport, maturata nel corso della Terza Conferenza dei Ministri europei dello sport del 1981, secondo cui per “sponsorizzazione” sportiva si intende “ogni accordo col quale una parte (detta sponsor) fornisce materiali o denaro o altri benefici a favore di un’altra parte (detta sponsee) in cambio della sua associazione con uno sport o un singolo atleta”.

La Legge n. 449/97, con l’art. 43, ha arricchito tale contesto normativo prevedendo che “al fine di favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile. Le iniziative devono essere dirette al perseguimento di interessi pubblici, devono escludere forme di conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata e devono comportare risparmi di spesa rispetto agli stanziamenti disposti”.

I magistrati contabili hanno richiamato anche l’art. 119 del Tuel, secondo il quale “al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati i comuni e le province possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi”.

Inoltre, secondo l’art. 120 del Dlgs. n. 42/04 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), costituisce sponsorizzazione di beni culturali “ogni forma di contributo in beni o servizi da parte di soggetti privati alla progettazione o all’attuazione di iniziative del Ministero, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, ovvero di soggetti privati, nel campo della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività dei soggetti medesimi. La promozione avviene attraverso l’associazione del nome, del marchio, dell’immagine, dell’attività o del prodotto all’iniziativa oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l’aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, da stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione. Con il contratto di sponsorizzazione sono altresì definite le modalità di erogazione del contributo nonché le forme del controllo, da parte del soggetto erogante, sulla realizzazione dell’iniziativa cui il contributo si riferisce”.

Il Codice dei contratti pubblici all’art. 26 prevede che “ai contratti di sponsorizzazione e ai contratti a questi assimilabili, di cui siano parte un’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore e uno sponsor che non sia un’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore, aventi ad oggetto i lavori di cui all’allegato I, nonché gli interventi di restauro e manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ovvero i servizi di cui all’allegato II, ovvero le forniture disciplinate dal presente codice, quando i lavori, i servizi, le forniture sono acquisiti o realizzati a cura e a spese dello sponsor, si applicano i principi del Trattato per la scelta dello sponsor nonché le disposizioni in materia di requisiti soggettivi dei progettisti e degli esecutori del contratto. L’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore beneficiario delle opere, dei lavori, dei servizi, delle forniture, impartisce le prescrizioni opportune in ordine alla progettazione, nonché alla direzione ed esecuzione del contratto”.

Il contratto di sponsorizzazione è richiamato anche dall’art. 15 del Ccnl. comparto Regioni – Enti locali 1° aprile 1999, l’art. 15, il quale ha stabilito che “presso ciascun Ente sono annualmente destinate a sostenere le iniziative rivolte a migliorare la produttività, l’efficienza e l’efficacia dei servizi, anche le somme  derivanti dalla attuazione dell’art. 43 della Legge n. 449/97”.

L’art. 17 dello stesso Ccnl. ha stabilito che “le risorse di cui all’art. 15 sono finalizzate a promuovere effettivi e significativi miglioramenti nei livelli di efficienza e di efficacia degli Enti e delle Amministrazioni e di qualità dei servizi istituzionali mediante la realizzazione di piani di attività anche pluriennali e di progetti strumentali e di risultato basati su sistemi di programmazione e di controllo quali-quantitativo dei risultati”.

L’art. 61 del Dl. n. 112/08 aveva previsto che “le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato  della pubblica amministrazione, come individuato dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5, dell’articolo 1della legge 30 dicembre 2004, n. 311, potessero effettuare nel 2009 spese di sponsorizzazione in misura non superiore al 30% di quelle sostenute nel 2007”.

Tale disposizione non si applicava in via diretta alle Regioni, alle Province autonome, agli Enti di rispettiva competenza del Servizio sanitario nazionale,e agli Enti locali.

L’art. 6, comma 9, del Dl. n. 78/10, ha infatti vietato a decorrere dal 2011, alle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A., come individuate dall’Istat, si sensi del comma 3 dell’art. 1 della Legge n. 196/09, di effettuare spese per sponsorizzazioni.

I magistrati contabili hanno chiarito che il contratto di sponsorizzazione, soggetto alle norme civilistiche, ha come finalità quella di segnalare ai cittadini la presenza del Comune così da promuoverne l’immagine, così che l’erogazione finanziaria è da considerarsi il corrispettivo per l’utilità costituita dal beneficio d’immagine (Corte dei conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazione n. 505/11).

In senso contrario, si sono espressi il Tar Sicilia Catania (sentenza n. 1596/01) e il Tar Lazio (sentenza n. 2159/04) secondo i quali “il provvedimento con cui si dispone in ordine ad un contributo ha natura di concessione, con la conseguenza che il relativo atto di erogazione materiale non può essere valutato alla stregua dell’adempimento di una obbligazione meramente civilistica: esso deve essere valutato come un fatto rilevante nell’ ambito di un rapporto di natura preminentemente pubblicistica, tenuto altresì conto che, spesso, le leggi disciplinanti la materia impongono contestualmente, al fine del conseguimento del pubblico interesse, specifici obblighi a carico del beneficiario, il cui inadempimento può dar luogo alla comminatoria di decadenza dal detto contributo”.

La Corte dei conti Veneto ha chiarito che l’erogazione di contributi avviene con un provvedimento caratterizzato in modo essenziale dall’unilateralità, mentre con il termine sponsorizzazione si indica una forma di promozione per cui un soggetto (sponsee), dietro corrispettivo o concorso nelle spese dell’iniziativa, che assume l’obbligo di associare a proprie attività il nome o il segno distintivo dell’altra parte (sponsor).

Nel caso di erogazione di contributi si tratta di garantire il sostegno di iniziative di un soggetto terzo, anche sulla scorta dei principi di sussidiarietà orizzontale dettati dall’art. 118 della Cost., ricomprendendo tutti gli atti amministrativi che provvedono ad attribuire un beneficio economico, senza che questo comporti per il beneficiario un dovere di restituzione e/o un obbligazione di reintegrazione verso l’Amministrazione.

La diversa disciplina sotto il profilo strutturale fa nascere specifiche conseguenze sul piano contabile, che trovano il loro fondamento normativo nelle attuali disposizioni contenute nell’art 6 commi 8 e 9, escludendo così in modo univoco l’equiparazione tra le due fattispecie.

Tale diversità è ulteriormente sottolineata dalla fase di liquidazione della somma.

Infatti per l’erogazione del contributo è necessaria la documentazione prescritta dal regolamento, mentre per le sponsorizzazioni, trattandosi di operazione permutativa, entrambe le parti dovranno emettere fattura soggetta ad Iva, sia pure ciascuna in rapporto all’operazione permutativa che gli compete, sulla base del valore normale dei beni e dei servizi che formano oggetto delle operazioni.

Tale ultimo valore deve essere determinato in riferimento:

a)    al valore commerciale o di mercato dell’intervento pubblicitario concesso dall’Amministrazione;

b)    al valore commerciale o di mercato della prestazione o della fornitura ceduta gratuitamente dallo sponsor.

Le due fattispecie inoltre sono caratterizzate da modalità di scelta del contraente diverse.

Per le sponsorizzazioni la scelta avviene con le modalità dell’evidenza pubblica (Avcp, Parere Prot. 7634/02/259/Segr del 31/01/2002 Relazione Ag259/01), mentre l’individuazione del soggetto cui erogare la contribuzione avviene con i criteri previsti dall’art. 12 della Legge n. 241/90.

I magistrati contabili del Veneto hanno chiarito che ciò che assume rilievo per qualificare una contribuzione comunale come spesa di sponsorizzazione è la relativa funzione, a prescindere dalla sua forma.

La spesa di sponsorizzazione presupporne la semplice finalità di segnalare ai cittadini la presenza del Comune, così da promuoverne l’immagine (Corte dei conti, Sez. Lombardia, Deliberazione n. 1075/10).

Pertanto, il sostegno finanziario da parte di un’Amministrazione ad un organismo associativo, al di la del nomen iuris usato nell’atto di erogazione si configura come sponsorizzazione ”nel momento in cui sia orientato alla correlazione d’immagine tra il ruolo dell’Amministrazione stessa (sponsee) e un’iniziativa rientrante tra i fini istituzionali dell’associazione (sponsor) e dalla stessa autonomamente gestita” (Tar Sicilia Palermo, Sez. I, sentenza n. 633/01).

La Corte dei conti ha quindi chiarito che il divieto previsto dal comma 9 dell’art.6 del Dl. 78/10 si riferisce esclusivamente alle spese la cui finalità sia quella di promuovere l’immagine dell’Ente.

Viceversa, non sono da ricomprendere nel limite anzidetto le contribuzioni a soggetti terzi per iniziative di diretto sostegno di finalità sociali, erogate sia in forma di provvedimento, che in forma convenzionale, per le quali varrà il diverso limite quantitativo stabilito dal comma 8 dell’art. 6 del Dl. 78/10.

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