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Società: l’art. 13 del Dl. n. 223/06 si applica anche alla società partecipata da una controllata da P.A.


Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza n. 939/11
di Chiara Zaccagnini

L’art. 13 del Decreto Bersani vincola anche la partecipata da un’altra, che a sua volta è controllata da P.A. e la locuzione “oggetto esclusivo”, contemplata da tale norma, trova fondamento al rapporto intercorrente con l’Ente territoriale di riferimento che non consente proiezioni extra ambito.

Questi sono i principi ribaditi dal Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una società avverso gli atti di gara che avevano affidato in appalto alcuni servizi ad una partecipata da un’altra società controllata da P.A. locali.

Nel caso di specie, il Comune aveva indetto una gara per l’affidamento dei servizi di gestione integrata rifiuti e igiene ambientale.

Avverso l’aggiudicazione ha proposto ricorso la seconda classificata, chiedendo l’annullamento dei verbali di gara e dell’aggiudicazione, deducendo la violazione dell’art. 13 del Dl. 223/06 (Decreto Bersani) e del principio di libera concorrenza.

In particolare, secondo la ricorrente, l’aggiudicataria doveva essere esclusa dalla gara in quanto partecipata, seppur indirettamente, da 5 società patrimoniali controllate al 100% da Enti locali create per soddisfare bisogni istituzionali di questi ultimi e in quanto società strumentale non poteva prendere parte alla selezione in ragione del suo statuto che non le consente di operare nel settore dei servizi pubblici.

Il Consiglio di Stato ha ricordato quanto affermato dall’Adunanza Plenaria nella Pronuncia n. 1/08, secondo la quale il divieto sancito dal citato art. 13 del Dl. n. 223/06 consolida la regola dell’esclusività, evitando che successivamente all’affidamento del servizio la società possa svolgere altri servizi.

Inoltre, tale divieto “rimarca la differenza tra concorrenza «per» il mercato e concorrenza «nel» mercato disvelando le sue plurime rationes essendi: tutela dell’imprenditoria privata e della leale concorrenza, repressione della greppia partitica e burocratica. Tale norma, attuando l’art. 41 Cost. in relazione ai principi comunitari sulla tutela della concorrenza, sul divieto di aiuti di Stato e sul principio di sussidiarietà, esprime un precetto di ordine pubblico economico che si impone inderogabilmente a tutte le stazioni appaltanti, tenute ad applicarlo quale che sia la fase del procedimento”.

Tale disposizione trova fondamento nella previsione dell’Unione Europea, che ha statuito la necessitò che gli Stati membri provvedano alla regolazione dell’accesso al mercato degli appalti pubblici da parte di organismi di proprietà o partecipati da Enti pubblici.

Lo scopo del divieto stabilito dall’art. 13 è quello di evitare le distorsioni alla concorrenza provocate dalle società che fruiscono dei vantaggi connessi all’affidamento senza gara, in quanto le stesse potrebbero partecipare alle procedure comparative sfruttando le posizioni privilegiate acquisite senza il previo confronto concorrenziale (Tar Brescia, sent. n. 729/08).

In tal senso, si è espressa anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 326/08, affermando che le citate disposizioni “mirano ad assicurare la parità nella competizione, che potrebbe essere alterata dall’accesso di soggetti con posizioni di privilegio in determinati mercati”, ritenendo che l’art. 13 “non sia senz’altro qualificabile come norma di tipo eccezionale”.

Pertanto, se la ratio di tale disposizione è quella di tutelare i principi di concorrenza e di trasparenza nonché quello di libertà di iniziativa economica, che risulterebbero turbati dalla presenza (diretta o indiretta) della mano pubblica, che determina un’elusione del rischio d’impresa, devono considerarsi partecipate da P.A. anche le società partecipate da società intermedie, controllate da dette Amministrazioni.

Secondo il Consiglio di Stato il divieto previsto dall’art. 13 del Dl. n. 223/06 deve ritenersi applicabile anche alla società partecipata da un’altra a sua volta controllata da Amministrazioni pubbliche locali (Tar Lombardia Milano, Sez. I, sentenza n. 140/07; Tar Puglia Lecce, Sez. I, sentenza n. 908/09).

Il Collegio ha ribadito l’orientamento espresso dalla recente giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 8069/10; sentenza n. 1756/09), secondo la quale la disposizione di cui all’art. 13 del Decreto Bersani ha carattere eccezionale e deve, quindi, essere interpretata in stretta corrispondenza al suo dettato letterale e senza possibilità alcuna di applicazione oltre i casi in essa previsti.

Sempre secondo il Consiglio di Stato, nel caso in cui una società sia statutariamente deputata a operare nel mercato e non già in favore di alcun Ente pubblico specificamente individuato, non è applicabile alla stessa il divieto di partecipazione di cui all’art. 13 del Dl. n. 223/06, il quale riguarda le sole società costituite o partecipate dalle Amministrazioni locali per la produzione di servizi strumentali alla loro attività e, quindi, in funzione e a supporto della stessa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2012/11; sentenza n. 2351/10).

Tali divieti e obblighi dettati dal citato art. 13 trovano pertanto giustificazione per le società c.d. strumentali, ma non verso quelle che, pur non avendo un oggetto sociale esclusivo circoscritto alla sola operatività con gli Enti costituenti o partecipanti o affidanti (e quindi svolgendo sia servizi pubblici locali, sia altri servizi e forniture di beni a favore degli enti pubblici e privati partecipanti nonché a favore di altri Enti o loro società o aziende pubbliche e private), operano comunque nel pieno rispetto delle regole di concorrenza imposte dal mercato, prendendo parte alle procedure di affidamento dei contratti pubblici (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 77/11).

Il Consiglio di Stato ha ribadito che se la ratio della norma è quella di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e di assicurare la parità degli operatori in applicazione dei noti principi comunitari, “il divieto ivi contenuto sembra doversi estendere a tutte quelle forme di collegamenti societari, non necessariamente simulatorie, che in concreto alterano la genuinità del mercato nella fase nevralgica della partecipazione concorrenziale”.

Il Consiglio ha infine affermato che la locuzione “oggetto esclusivo” contemplata all’art. 13 del Dl. n. 223/06 va riferita “al rapporto con l’Ente territoriale di riferimento in senso rafforzativo del legame con lo stesso, che non consente proiezioni “extra ambito”: diversamente opinando si perviene ad un’interpretazione sostanzialmente abrogatrice della disposizione, in quanto è sufficiente contemplare nello Statuto un oggetto sociale plurimo – peraltro consueto nell’odierna realtà delle Società partecipate – per scongiurare la sua applicazione, in contrasto con la ratio già diffusamente descritta”.

Il Consiglio di Stato ha così accolto il ricorso presentato, annullando gli atti impugnati relativi all’aggiudicazione dei servizi oggetto di gara e affermando che le disposizioni previste dall’art. 13 del Dl. n. 223/06 si applicano anche alla partecipata di terzo livello di un Ente locale.

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